Il 14 aprile Astrazeneca consegnerà in Italia 175mila dosi di vaccino, praticamente la metà delle 340mila previste. Un ritardo che l’azienda promette di recuperare nei giorni successivi, assieme alle consegne previste per il 16 e il 23 aprile. L’ennesimo contrattempo, che arriva alla vigilia della decisione dell’Ema sulla possibilità di somministrare il vaccino solo agli over 60: tra forniture a singhiozzo e dubbi sulla sicurezza, AstraZeneca è stato uno dei fattori determinanti nel rallentare la campagna vaccinale in Italia, che dopo il centesimo giorno conta quasi 3 milioni e mezzo di immunizzati totali: il 6,8% della popolazione sopra i 16 anni. L’annunciata accelerazione ancora non è arrivata, il vero problema è che non ci sarà nemmeno ad aprile, nonostante gli annunci del commissario Francesco Paolo Figliuolo: secondo il suo piano, presentato il 13 marzo scorso, ad oggi la media di somministrazioni giornalieri avrebbe dovuto raggiungere quota 300mila. Dopo l’incredibile flop del weekend di Pasqua (domenica appena 92mila iniezioni) già risulta difficile andare oltre le 240mila dosi somministrate in media al giorno. L’obiettivo delle 500mila iniezioni in 24 ore, il target della campagna a regime, appare ancora molto lontano.
Da una parte, infatti, ci sono i ritardi delle diverse Regioni nell’utilizzare le dosi già consegnate, dall’altra la causa principale resta il numero delle consegne: ad aprile è previsto un arrivo limitato a 8 milioni di dosi, perfino meno delle 8,2 milioni di marzo. Così, arrivare al mezzo milione di vaccinati al giorno è impossibile. Le buone notizie arrivano solo da Pfizer: “Ammonta a 1,5 milioni di dosi la prima consegna di vaccini del mese di aprile, che entro la giornata di domani raggiungeranno le Regioni”, ha comunicato il commissariato all’emergenza guidato dal generale Figliuolo. “Si tratta in assoluto del lotto di vaccini più consistente consegnato dall’inizio della campagna, di cui beneficeranno in modo particolare i soggetti più vulnerabili“, si legge nel comunicato”, che sottolinea come “nell’ultima settimana è cresciuto del 20% il numero di persone over 80 cui è stata somministrata una dose di vaccino”.
Ad oggi in Italia è stato somministrato il 54% delle dosi di AstraZeneca (2.218.038 su 4.098.800 consegnate), secondo i dati del ministero della Salute aggiornati alla mattina del 6 aprile, mentre per Moderna la percentuale scende al 50% (658.403 su 1.328.200 consegnate). Pfizer ha invece una percentuale di somministrazione del 96% (8.375.625 di dosi su 8.709.480 consegnate). In totale in Italia su 14.136.480 dosi dei tre vaccini arrivate ne sono state somministrate 11.252.066, l’80%. Nel rapporto tra dosi somministrate e consegnate emergono i ritardi di alcune Regioni: la Calabria è al 72%, Sardegna, Puglia e Liguria sotto il 75. Al contrario, Toscana, Provincia di Bolzano, Veneto e Valle d’Aosta sono sopra l’85 per cento. I ritardi nelle somministrazioni di Moderna però sono principalmente imputabili alla necessità di fare scorte per il richiamo, vista l’esigua quantità di dosi arrivate. La lentezza delle vaccinazioni con AstraZeneca è invece dovuta alle continue modifiche delle prescrizioni: un vaccino inizialmente previsto solo per gli under 55 ora potrebbe essere inoculato solo agli over 60.
Sulle percentuali di utilizzo, però, pesa il problema dei dati, con discrepanze notevoli tra quelli regionali e quelli ministeriali. Al 25 marzo, ad esempio, nel Lazio secondo i dati del governo erano state consegnate 307mila dosi di AstraZeneca, secondo la Regione invece solo 255mila. Quando nei giorni successivi il Lazio ha denunciato una carenza di dosi, secondo i numeri del ministero la Regione avrebbe dovuto avere in frigo, il 1 aprile, ancora 63mila dosi di AstraZeneca da somministrare. Oggi il Commissariato all’emergenza ha affermato che le dosi ‘fantasma’ in realtà sono andate a forze dell’ordine, forze armate e Protezione civile.
Inoltre, la velocità nelle somministrazioni non è sintomo di efficienza se abbinata a un mancato rispetto delle raccomandazioni sulle categorie prioritarie. Ad esempio, la Toscana ha vaccinato 211mila over 80 e 156mila persone appartenenti alla categoria “altro”, mentre la Puglia ha 229mila over 80 che hanno ricevuto la somministrazione e solo 43mila della categoria “altro”. A livello nazionale, gli ultraottantenni immunizzati (due dosi) sono quasi il 35%, mentre solo il 63% ha ricevuto almeno una dose. Diversi i numeri nelle altre categorie che si era deciso di vaccinare per prime: è immunizzato il 76% del personale sanitario – tra il quale il tasso di contagio è passato dal 6,7% all’1% – e il 72% degli ospiti delle Rsa, falcidiati dalla prima ondata, tra i quali sono crollati contagi e decessi. Over 80, personale sanitario e ospiti Rsa rappresentano una platea stimata in 6 milioni e 400mila persone, che inizialmente si prevedeva di vaccinare entro la fine del primo trimestre. Al 6 aprile invece la fase 1 è ancora lungi dall’essere terminata.
Nessuno dei 27 Paesi dell’Unione ha raggiunto l’obiettivo della Commissione europea di vaccinare l’80% degli anziani over 80 entro fine marzo. Secondo i numeri del Covid vaccine tracker del Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ecdc), calcolando una media su 25 Paesi, (tra cui figurano anche Norvegia e Islanda, ma i dati non sono disponibili per Olanda, Romania, Germania e Spagna) si raggiunge il 60% circa della somministrazione della prima dose, mentre il dato cala al 36,5% per la copertura completa. In Francia il 59,8% degli ultraottantenni ha ricevuto la prima iniezione. Le percentuali più alte si registrano a Malta (95,8%) e Svezia (87,7%), mentre in Bulgaria (5,1%) e in Lettonia (17,4%) le più basse.
Nella fascia 70-79 anni appena l’14,6% ha ricevuto la prima dose e solo il 2% anche il richiamo. Cifre che danno il senso di un ritardo da recuperare e di una corsa contro il tempo in una fascia d’età che conta un quarto dei 400 morti al giorno. Alla vaccinazione di massa si lega non solo la diminuzione dei decessi, ma anche la riapertura sicura delle scuole, la priorità scelta dal governo Draghi tra le ripartenze. Al 2 aprile, secondo il report del commissariato, risultava vaccinato con una dose il 68% del personale dell’istruzione, ma appena lo 0,59% anche con il richiamo. L’obiettivo principale però è la vaccinazione dei più anziani e fragili: in assoluto l’Italia non sta somministrando meno degli altri grandi Paesi europei, Gran Bretagna esclusa, ma è indietro sugli over 70 anche rispetto a Portogallo e Grecia.
Il fattore decisivo per tutta l’Ue restano infatti le consegne. Alla fine del trimestre, Pfizer e Moderna hanno sostanzialmente rispettato la tabella di marcia prevista dal governo a inizio dicembre. Il piano originario prevedeva però anche l’arrivo di 2 milioni di vaccini Curevac, che invece è ancora in attesa dell’autorizzazione dell’Ema. Ma ad aver tradito le aspettative è stata soprattutto AstraZeneca: erano previste 16 milioni di dosi in tre mesi, ne sono arrivate poco più di 4 milioni, anche meno del target al ribasso fissato da Figliuolo il 13 marzo scorso, che aveva calcolato 5,35 milioni per fine marzo. Il ritmo delle forniture preoccupa soprattutto guardando al futuro: da oggi a fine giugno il commissario ha previsto l’arrivo di 52 milioni di dosi. Per centrare questo obiettivo dovrebbero arrivarne circa 17 milioni ogni mese, per aprile ne sono previste appena 8 milioni.
Inoltre, di queste 52 milioni di dosi per il secondo trimestre, 10 sono proprio di AstraZeneca. Entro settembre è previsto l’arrivo di 34 milioni di dosi del vaccino anglo-svedese, che però potranno essere somministrate probabilmente solo alle persone sopra i 60 anni. Il governo stima che la categoria 60-79 anni comprenda circa 13 milioni di persone, alcune già vaccinate. Le fiale di AstraZeneca che arriveranno nei prossimi mesi rischiano quindi di essere inutili, anche perché sarebbe controproducente rallentare la campagna di vaccinazione di una delle categorie prioritarie. Delle altre 42 milioni di dosi previste per il secondo trimestre, 7,3 sono del vaccino monodose Johnson&Johnson: solo 500mila però arriveranno già entro fine aprile. Anche supponendo un recupero delle forniture nei mesi di maggio e giugno, sarà difficile raggiungere l’immunità di gregge al 60% a luglio, come stabilito nel piano vaccinale. Per arrivare ad avere l’80% della popolazione totale (compresi gli under 16) immunizzata entro metà settembre, come promesso sempre dal commissario Figliuolo, servirebbe invece fin da ora una media vicina alle 500mila somministrazioni al giorno. Per raggiungere questo livello di velocità, però, bisognerà verosimilmente aspettare almeno l’inizio di maggio.