In Israele la campagna vaccinale ha portato all’ottimo risultato di aver somministrato la prima dose di vaccinazione a quasi il 60% della sua popolazione ed entrambe le dosi al 53%, inclusi i coloni israeliani della Cisgiordania.
Quello che però di cui poco si parla è il fatto che Israele – nonostante il governo di Netanyahu si appelli agli accordi di Oslo per respingere i richiami ai propri doveri da parte della comunità internazionale – in qualità di forza occupante è responsabile anche per le vaccinazioni della popolazione palestinese nei Territori Occupati. Ma al momento in Cisgiordania, Gerusalemme est e Gaza nessun vero impegno israeliano è all’orizzonte.
Un dovere che è stato recentemente riaffermato anche dal Referente Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori Occupati Palestinesi Michael Lynk, e dal Referente Speciale delle Nazioni Unite sul diritto alla salute fisica e mentale, Tlaleng Mofokeng. Entrambi hanno infatti evidenziato che gli accordi di Oslo non esentano Israele dai suoi obblighi di rispetto del diritto internazionale umanitario, sottolineando inoltre che “la responsabilità ultima per i servizi sanitari risiede nella potenza occupante fino al momento in cui l’occupazione non sia definitivamente terminata”.
A fronte di alcuni limitati sforzi per fornire i vaccini all’Autorità Palestinese, Israele al momento ha sostanzialmente rifiutato di riconoscere pubblicamente i suoi dover legali relativi alla prevenzione e mitigazione dell’epidemia in Palestina. Al 1° di aprile, su una popolazione 4,7 milioni di persone, sono state vaccinate appena 83.822 persone: 60.029 in Cisgiordania e 23.793 a Gaza. A queste vanno aggiunti circa 120.000 lavoratori palestinesi che lavorano in Israele e hanno ricevuto la prima dose di vaccino.
L’emergenza sanitaria a Gaza e in Cisgiordania
In Cisgiordania, nonostante un piccolo calo dei positivi, gli ospedali organizzati per rispondere al Covid sono al limite della saturazione, e il tasso di occupazione dei posti in terapia intensiva è al 100%, mentre quello dei ventilatori meccanici in uso al 47%.
A Gaza il numero di contagi sta raddoppiando di settimana in settimana – al momento rappresentano il 34,3% dei 25 mila casi totali in Palestina – mentre i posti in terapia intensiva – appena 90 per una popolazione di 2 milioni di abitanti – sono occupati al 38%. Una carenza di strutture sanitarie che di fronte alla nuova ondata di contagi fa temere un aggravarsi della situazione già nei prossimi giorni.
I primi vaccini sono arrivati il 16 e 17 marzo scorso attraverso il meccanismo CoVax: 61.440 tra Pfizer e AstraZeneca, seguiti a fine marzo dalla donazione di 100.000 dosi di Sinopharm da parte della Cina, 70.000 di Sputnik V (60.000 da parte degli Emirati Arabi Uniti e 10.000 da parte della Russia) e altre donazioni da parte di paesi del Golfo per un totale di circa 260.000 dosi.
L’appello a Israele e Autorità Palestinese
Oggi, in occasione della Giornata Mondiale della Salute, come Oxfam lanciamo perciò un appello affinché Israele garantisca l’accesso ai mezzi necessari per stoccare e distribuire i vaccini nei Territori Occupati Palestinesi, nonché ad altri materiali medici necessari, qualora se ne riscontrasse un’insufficiente fornitura.
L’Autorità Palestinese dovrebbe, allo stesso modo, esprimere pubblicamente e in modo chiaro le necessità immediate in termini di forniture di vaccini, prendendo tutte le misure necessarie, per quanto permesso dalle restrizioni e i limiti finanziari imposti dall’occupazione, utili a implementare un programma vaccinale equo e inclusivo per tutte le persone che vivono nei territori di Gaza e Cisgiordania. In altre parole, mai come in questo momento Israele a Palestina dovrebbero cooperare, ciascuno nel rispetto dei propri obblighi, per il bene di tutti.
La risposta di Oxfam in Palestina
Nei Territori Occupati Palestinesi, Oxfam è al lavoro dallo scoppio della pandemia per prevenire e contenere la diffusione del contagio al fianco di circa 750 mila persone, con l’obiettivo di garantire l’accesso all’acqua pulita, servizi igienici sicuri ed elettricità da fonti rinnovabili. Sta inoltre soccorrendo oltre 135 mila persone a Gaza, attraverso la distribuzione di kit igienico-sanitari, dispositivi di protezione, e la riabilitazione di fonti idriche che servono le comunità più povere e vulnerabili.