Giustizia & Impunità

Hermes Ferrari, chi è il ristoratore ‘sciamano’. Il pentito di ‘ndrangheta ai pm disse: “È tra quelli a disposizione”. Ma non fu mai indagato

Proprietario di una pizzeria a Modena, ieri era in piazza a Montecitorio a protestare per le restrizioni anti-Covid. In passato è già stato condannato per aggressioni e nel 2018 venne citato dal collaboratore di giustizia del processo Aemilia Antonio Valerio. Che parlò anche di una presunta cena con Matteo Salvini e con il deputato Fdi (ex Lega) Vinci

Hermes Ferrari, lo “sciamano” immortalato dalle foto a Montecitorio, vestito e truccato da vichingo come l’assalitore di Capitol Hill Jake Angeli, in realtà è originario della provincia di Reggio Emilia. E in particolare di Arceto, frazione del comune di Scandiano, il più popolato comune della zona dopo il capoluogo nonché paese natale dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi. E’ proprietario di una pizzeria a Modena che rivendica di aver tenuto sempre aperta da gennaio scorso nonostante sia vietato dalle restrizioni anti-Covid: come ricorda Repubblica Bologna, in un video delle scorse settimane e diffuso in rete, si vedono i suoi clienti gridare “Libertà libertà” senza mascherina. Ieri 6 aprile, davanti alla Camera, è stato protagonista degli scontri: “Ho preso un sacco di bastonate. Sono cose che succedono quando uno cerca di prendersi la libertà”, ha detto sempre a Repubblica.

Lo “sciamano”, grazie anche al suo travestimento, è finito nelle ultime ore su tutte le prime pagine dei giornali, ma in Emilia è volto noto da tempo. In paese e nei dintorni ad esempio, lo ricordano per le sue condotte aggressive e imprevedibili che gli hanno procurato diverse denunce ed arresti. A marzo 2012 è stato condannato per aver picchiato un vicino di casa perché la sua auto era parcheggiata male in cortile; pochi mesi dopo, a giugno 2012, ha picchiato per strada il console emerito della repubblica d’Albania Angelo Santoro, colpevole secondo lui di “avere camminato troppo lentamente sulle strisce pedonali”.

Hermes Ferrari è poi balzato agli onori della cronaca nazionale nel 2018 per tutt’altro motivo, in seguito alle deposizioni nell’aula bunker di Reggio Emilia del collaboratore di giustizia Antonio Valerio, durante le udienze del maxi processo Aemilia che ha messo con le spalle al muro la ‘ndrangheta della cosca Grande Aracri-Sarcone. Rispondendo alle domande del sostituto procuratore Beatrice Ronchi, Valerio cita i nomi di alcuni imprenditori e stimati professionisti emiliani definiti amici della cosca: “Ci sono Omar Costi, Marco Gibertini, Mirco Salsi, Berni quello dei sottaceti, Hermes Ferrari. Facevano attività con tutto quel gruppo lì e facevano truffe, facevano operazioni importanti…”. Costi, Gibertini e Salsi sono stati poi condannati nel processo d’appello di Aemilia, mentre Hermes Ferrari non è mai stato neanche indagato. Valerio nel 2018 li definisce “personaggi reggiani” e la pm chiede precisazioni: “Intende che questi sono sicuramente non calabresi?”. Valerio risponde: “Reggiani di origine, sì. Ma sono peggio di noi. Sono reggiani, ma fanno lo stesso parte dell’associazione. Diciamo che sono sodali? Sono a disposizione”.

Valerio poi, sempre nella sua deposizione, accusa Hermes Ferrari di aver partecipato anche a una truffa ai danni dei dirigenti della Reggiana Calcio, che sarebbe stata possibile grazie alla fantasia criminale dell’amico Berni che aveva creato un falso profilo Facebook per azioni umanitarie e di volontariato. Dice Valerio riferendosi a questo non meglio precisato Berni: “Lui ci sa fare. Si era presentato alla squadra come un prete che suonava, così li hanno intortati. Gli hanno fregato un bel po’ di soldi, si parlava di 600mila euro e rotti. Me l’ha raccontato Hermes”. Anche in questo caso non è stata aperta alcuna indagine.

Ma non è l’ultima volta che il collaboratore di giustizia Valerio tira in ballo Ferrari. Hanno fatto ancora più scalpore le dichiarazioni che lo stesso Valerio riassume in un memoriale di 106 pagine scritto nel carcere di Rebibbia e consegnato alla presidente del Tribunale di Reggio Emilia Cristina Beretti, membro del collegio giudicante di Aemilia. È una sorta di testamento attraverso il quale Valerio dichiara il proprio pentimento, chiede scusa per il male che ha contribuito a diffondere a Reggio Emilia e in Emilia Romagna, elenca nomi, fatti e caratteristiche essenziali dell’associazione ‘ndranghetista presente sul territorio. Diversi fogli datati 2 ottobre 2017, riportano sotto la dicitura “Blocco border-line” un lungo elenco di affari e attività illecite, molti dei quali sono stati semplicemente sfiorati o addirittura non trattati al processo Aemilia. Si va dalla gestione di sale per scommesse a traffici di auto in Germania, dal gasolio “vampirizzato” che arriva da mezza Europa ad affari con le cooperative reggiane di costruzione, da operazioni finanziare a Londra e affari a Santo Domingo alla gestione di pannelli solari e alla coltivazione di nocciole a Melfi e Potenza.

Sono 113 affari diversi e il più ghiotto è il numero 109, là dove si parla di una cena a Scandiano appunto con Hermes Ferrari, allora venditore di lampade abbronzanti e buttafuori da night. Valerio era stato invitato dall’amico Hermes a quella cena, ma non aveva potuto partecipare essendo agli arresti domiciliari. Ferrari gli avrebbe in seguito mostrato con orgoglio le foto della cena alla quale avrebbero partecipato anche il deputato reggiano Fdi (fino a pochi mesi fa nella Lega) Gian Luca Vinci e il leader del Carroccio Matteo Salvini. Un episodio tra i tanti, che torna oggi alla memoria vedendo le foto di Ferrari con le corna davanti a Montecitorio”.