Stamattina 5,6 milioni di bambini e ragazzi su 8,5 milioni tornano in aula. Il mondo della scuola ricomincia per l’ennesima volta una vita “normale”, con qualche garanzia in più dovuta alla copertura vaccinale del personale scolastico (il 68,7% ha ricevuto la prima dose, il 6 aprile erano 1.061.000 le somministrazioni fatte) e ancora molti nodi da risolvere, dal mancato tracciamento degli alunni al problema dei trasporti, fino al rinnovo del protocollo di sicurezza. A tutto questo va aggiunto che la comunità scientifica non è del tutto d’accordo su questo rientro in presenza. Il primario del reparto malattie infettive del “Sacco” di Milano, Massimo Galli, nei giorni scorsi è tornato a suonare il campanello d’allarme: “I continui tira e molla non aiutano. Mi riferisco per esempio alla riapertura delle scuole dopo Pasqua. Pur comprendendo le difficoltà delle famiglie, sarebbe un errore”.

Un avvertimento condiviso anche da Maria Chironna, responsabile del laboratorio Covid del Policlinico di Bari, che sulla sua pagina Facebook ha scritto: “Che cosa è cambiato rispetto a pochi giorni fa? Ci sono le condizioni per la riapertura? I tassi di incidenza di Covid-19 sono tali, a livello nazionale e regionale, da consentirci la riapertura senza ripercussioni sui contagi? Cosa si è fatto per assicurare una scuola in presenza sicura per tutti?”. Interrogativi ai quali risponderanno i numeri delle prossime settimane.

Su altre posizioni il presidente della Società italiana di pediatria Alberto Villani che a Ilfattoquotidiano.it dice: “Le scuole sono un luogo sicuro dove esistono regole che devono essere rispettate. Le stesse regole sono valide e devono essere rispettate anche fuori dal contesto scolastico. Evitare gli assembramenti, usare le mascherine, lavare in maniera frequente le mani, assicurare il distanziamento. Nell’età evolutiva la frequenza scolastica consente di ridurre in modo significativo il disagio, le criticità e le difficoltà che questa pandemia ha acuito in particolare nelle fasce di popolazione più fragili economicamente, socialmente, culturalmente”. In quest’ottica, il ministero della Salute e dell’Istruzione stanno lavorando a un protocollo unico in caso di contagi tra i banchi e a regole più stringenti come il divieto per i ragazzi di stare davanti alle macchinette delle bevande.

Intanto oggi sei alunni su dieci tornano tra i banchi. Nelle dieci regioni in fascia arancione più le Province autonome di Bolzano e Trento si rientra in classe dall’infanzia alla secondaria di primo grado, mentre per le superiori va garantita la presenza minima al 50% e massima al 75%. Nelle nove regioni in zona rossa la lezione in presenza è assicurata solo fino alla prima media. I 12enni e i 13enni più i compagni della secondaria di secondo grado continueranno a fare didattica a distanza: stiamo parlando del 37,6% del totale. Vale, comunque, sempre la norma dell’attività in presenza per i ragazzi disabili o con bisogni educativi speciali. Secondo l’elaborazione dei dati eseguita dalla rivista specializzata Tuttoscuola, il quadro resta comunque non omogeneo sul territorio: gli alunni in presenza non superano il 56% nelle regioni del Sud, il 57% nel Nord Ovest, mentre raggiungono il 70% nel Nord Est, il 74% al Centro e arrivano all’83% nelle isole. A rivedere i compagni da oggi sono 832mila bambini della scuola dell’infanzia (3-6 anni), 1,5 milioni di alunni di scuola primaria e 342mila del primo anno di scuola secondaria di primo grado.

Il premier Mario Draghi ha deciso di scommettere sulla scuola. È da febbraio, infatti, che non ci sono così tanti alunni in aula: conseguenza del Decreto Legge 44 che consente il rientro anche nelle zone rosse dei bambini dell’infanzia, degli alunni di primaria e di quelli del primo anno delle medie. L’ottimismo del presidente del Consiglio dovrà fare i conti, comunque, con le questioni non ancora risolte, in primis il nodo dei trasporti. Proprio oggi il comando Carabinieri per la Tutela della Salute che nei giorni scorsi ha effettuato interventi di controllo su 693 veicoli adibiti al trasporto, tra autobus urbani ed extraurbani, metropolitane, scuolabus, collegamenti ferroviari locali e di navigazione, ma anche biglietterie, sale di attesa e stazioni metro in tutt’Italia, ha reso noto di aver trovato 65 situazioni di irregolarità quali la mancata esecuzione delle operazioni di pulizia e sanificazione, l’omessa cartellonistica di informazione agli utenti circa le norme di comportamento e il numero massimo di persone ammesse a bordo, l’assenza di distanziatori posti sui sedili e di erogatori di gel disinfettante o il loro mancato funzionamento. Non solo: tra i tamponi di superficie raccolti, sono stati rilevati 32 casi di positività per la presenza di materiale genetico riconducibile al virus, individuati in autobus, vagoni metro e ferroviari operanti su linee di trasporto pubblico di Roma, Viterbo, Rieti, Latina, Frosinone, Varese e Grosseto. Altra questione è quella relativa ai tamponi a scuola. A sollevarla è il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli che a Ilfattoquotidiano.it spiega: “Abbiamo chiesto uno screening basato su tamponi rapidi ma non è stato mai pianificato. Probabilmente manca il personale deputato a fare una campagna di queste dimensioni”.

La mappa del rientro a scuola
Le province autonome di Bolzano e Trento, Veneto, Liguria, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise Lazio, Basilicata e Sardegna, in fascia arancione, tornano a scuola fino alla terza media in presenza. Alle superiori dad dal 50% minimo al 75% massimo. Da evidenziare il caso della Sicilia: la regione è in fascia arancione, ma il sindaco di Caltanisetta, Roberto Gambino, ha disposto ugualmente la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado dal 7 al 14 aprile a causa dell’alto numero di contagi in città.

Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Calabria sono in fascia rossa: la scuola in presenza è solo fino alla prima media. Seconda e terza secondaria di primo grado e superiori continuano a fare lezione da casa. Da segnalare i casi Puglia e Campania. Nella prima regione, il presidente Michele Emiliano, intervenendo ieri mattina alla trasmissione L’aria che tira su La7, ha spiegato la sua ordinanza: “Noi siamo nel picco più alto di tutta la pandemia e la decisione legittima di riaprire le scuole è di Draghi e noi l’abbiamo accettata. Se una famiglia ritiene inopportuno mandare il proprio figlio a scuola può chiedere la didattica a distanza e la scuola gliela deve concedere, questo è un diritto individuale”. In sostanza, le scuole di ogni ordine e grado devono garantire la didattica integrata alle famiglie che la richiedono. Una scelta che trova totalmente contrario Antonello Giannelli: “Il Governatore non si assume le sue responsabilità, lasciando alle famiglie il compito di decidere senza avere gli strumenti. Inoltre questa modalità mette in seria difficoltà l’organizzazione degli istituti”.

In Campania, invece, pure lei in zona rossa, i sindaci di Parete, Montemilleto, Avella, Serino hanno emesso ordinanze in contrasto con la decisione di Draghi, grazie alla deroga prevista “solo in casi di eccezionale e straordinaria necessità dovuta alla presenza di focolai o al rischio estremamente elevato di diffusione del virus Sars-Cov-2 o di sue varianti nella popolazione scolastica”.

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