Da Torino anche Pierluigi Dovis, direttore dell’ufficio diocesano Caritas, vede richieste senza precedenti di supporto relazionale e psicologico (“il consumo di calmanti da banco ha avuto un aumento esponenziale”). E ammette di essere “molto preoccupato per quel che succederà tra qualche mese, quando per evitare gli sfratti e coprire le spese delle famiglie rimaste senza lavoro serviranno davvero tante risorse. Già oggi, in alcune zone più periferiche, vedo che dopo la paura e lo sconforto stanno nascendo forme di insofferenza che potrebbero degenerare“. Un timore che non va sottovalutato, nei giorni delle proteste degli autonomi per i sostegni insufficienti. Anche a Torino i piccoli commercianti hanno dovuto rivolgersi alla Caritas insieme a “stagionali del turismo, della cultura e delle fiere. Esempi? Venditori di abiti da sposa e di abbigliamento sportivo, titolari di cartolibrerie e negozi di scarpe“. In parallelo le fragilità che precedevano il Covid si sono aggravate: “Ci sono più genitori separati, cassintegrati, anziani o famiglie con bambini che non riescono a sostenere le spese per il dentista o hanno interrotto le cure per malattie croniche”. Anche qui si pagano gli affitti – compresi quelli delle case popolari, “perché se la perdono poi escono dal circuito” – e in più una parte delle spese vive dei piccoli esercenti, non coperti dai sostegni statali. “Tanti ci dicono che se non riaprono entro l’estate non riapriranno più. Aiutarli a trovare un altro lavoro è difficile, cerchiamo almeno di evitare che intacchino i pochi risparmi che ancora hanno”.

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