di Jakub Stanislaw Golebiewski

E’ un fenomeno tutto italiano: ogni volta che le donne denunciano le discriminazioni da cui sono colpite, che siano singole testimonianze affidate ai social o denunce collettive che nascono in seno al movimento delle donne, immediatamente ci sono reazioni uguali e contrarie nell’opinione pubblica.

Sui social ne abbiamo uno spaccato. Le reazioni ostili consistono in colpevolizzazioni delle vittime o negazionismo, banalizzazioni o benaltrismo ovvero affermando la presenza di problemi più gravi di cui occuparsi. Quindi, se una donna viene uccisa o subisce uno stupro in qualche modo se la sarà andata a cercare, se subisce molestie sessuali o discriminazioni sul lavoro sicuramente saranno menzogne o esagerazioni per fatti di lieve entità e se subisce molestie verbali in strada si dirà che c’è ben altro di più importante di cui occuparsi.

Qualche giorno fa, Aurora Ramazzotti si è sfogata su Instagram contro i molestatori da strada ricevendo molti attacchi da parte di uomini e di donne che le hanno riservato astio e ben poca solidarietà. Anche Vittoria Puccini si è schierata a difesa di Aurora, dichiarando in una intervista che: “È una molestia soprattutto su una ragazza giovane che magari non ha la forza di farsela scivolare addosso. Anche se secondo me vale per tutte, pure se hai 40 anni”.

A parte le opinioni di pancia orientate più dall’antipatia per il personaggio che da un ragionamento approfondito sul fenomeno delle molestie verbali o sessuali, sono molti a pensare che in fondo fischiare una donna in strada, apostrofarla con “ah, bella!”, pedinarla, affiancarla in auto, siano innocue manifestazioni di esuberanza virile da considerare con benevolenza.

Questi comportamenti molesti sono frequenti, basta una veloce ricerca sul web per vedere video che documentano che cosa vive sulla sua pelle una giovane donna che attraversa le strade da sola o in compagnia di amiche se passa accanto a uomini o a gruppi di ragazzi. Non è infrequente che un molestatore abbia anche repentini cambiamenti d’umore se l’oggetto delle sue attenzioni non lo gratifica con un sorriso e un cenno di gratitudine per l’apprezzamento e si passa dal “ah Bella!” a “Brutta troia!” in pochi secondi. Fino ad atteggiamenti minacciosi di prevaricatori che impongono alle ragazze di sorridere.

La denuncia del problema emerge ciclicamente e viene portata all’attenzione dell’opinione pubblica perché continua a non essere affrontata. Nel 2005 a New York fu fondato il movimento Hollaback che condusse uno studio in 22 Paesi intervistando un campione di circa 16mila donne e rilevando che l’84% aveva subito molestie prima dei 17 anni e che la conseguenza della molestia era stata di frustrazione, umiliazione e aveva modificato i comportamenti delle donne che ne erano state oggetto. Hollaback è diventato una denuncia internazionale sulle molestie che una donna deve fronteggiare centinaia di volte nell’arco della vita sentendo la pervasività di una strisciante aggressività malcelata da complimento che finisce per condizionare il suo senso di sicurezza.

L’associazione Orlando di Bologna, lo scorso mese di gennaio, ha pubblicato una ricerca sulla percezione della sicurezza dei cittadini e delle cittadine ed ha rilevato che il 40% circa delle donne intervistate non si sente sicura in strada per la presenza di soggetti che aumentano la percezione del rischio mentre l’Istat nel 2016 rilevò che il 36,6% delle donne non esce di sera per paura. Nel 2020 Save the Children in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza alle donne pubblicò uno studio condotto da Ipsos su un campione di adolescenti di età compresa tra i 14 e i 18 anni che attestava come il 70% delle ragazze aveva dichiarato di aver subito molestie nei luoghi pubblici e apprezzamenti non richiesti e il 64% si era sentita a disagio per commenti o avance da parte di adulti. Lo studio ha anche rilevato che il 39% dei ragazzi e delle ragazze è stato esposto sui social a contenuti che giustificano la violenza contro le donne e il 41% delle ragazze si è sentita offesa e umiliata come donna da contenuti pubblicati online.

Perché si continua a sottovalutare la pervasiva di una continuità di aggressioni che offendono, intimoriscono e limitano la libertà delle donne? Perché banalizziamo la prevaricazione a esuberanza sessuale? Perché una donna dovrebbe sentirsi gratificata da un’attenzione non richiesta? Sono domande che come uomini dovremmo porci soprattutto se pensiamo che la sola nostra presenza in una strada deserta di giorno o di notte, potrebbe intimorire una donna perché anche se non abbiamo intenzione di molestare o aggredire ma stiamo camminando per i fatti nostri, siamo percepiti come soggetti potenzialmente pericolosi solo per il fatto di essere uomini e questo a causa di comportamenti che troppi uomini giovani, adulti o anziani continuano a mettere in atto nei confronti delle donne.

In Francia la molestia è reato dal 2020 grazie ad una legge promossa da Marlène Schiappa, Segretario di Stato per l’uguaglianza di genere nel governo del Primo ministro Philippe ed è punibile con multe che vanno dai 90 ai 1500 euro a seconda che si tratti di una molestia o di un atteggiamento intimidatorio. In Italia invece ci sono conduttori radiofonici (la notizia è stata riferita da Beppe Severgnini sulla sua rubrica Italians) che dichiarano con la forza di un microfono e una stolta sicumera che gridare ad una donna “hai delle belle tette!” non è molestia. Le leggi servono, ma più che mai è importante cambiare la sottocultura machista che fa della prevaricazione delle donne una sorta di orgoglio virile. Tutto questo è davvero penoso, è intollerabile che si continui a ignorare il disagio delle donne e la limitazione della loro libertà. Uomini, svegliamoci!

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