L’operazione è piccola ma il segnale è importante. Il governo Draghi accende semaforo rosso agli investimenti cinesi in Italia, quanto meno a quelli in settori strategici. Ieri palazzo Chigi, applicando per la prima volta la golden power, e ha bloccato l’acquisizione del 70% di Lpe spa, azienda lombarda che opera nel settore dei semiconduttori, da parte del gruppo cinese Shenzen investnent holdings. Il nome dell’azienda è oggi su il Sole 24 Ore, ieri Draghi aveva fatto riferimento all’intervento ma senza specificare l’impresa oggetto dell’operazione. Lo stop è stato deciso su proposta del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti con l’accordo di Difesa e Affari Esteri. Fondata a Milano negli anni ’60 Lpe ha una sede anche a Catania e una divisione a Shanghai. Opera anche negli Stati Uniti, in Giappone, India, Corea del Sud e Repubblica Ceca. E’ specializzata nella produzione di reattori epitassiali, macchinari utilizzati per la realizzazione dei semiconduttori. La mossa avviene in una fase in cui nel mondo c’è una forte carenza di semiconduttori, dovuta anche ai prolungati blocchi produttivi e dei trasporti causati dalla pandemia. In particolare il settore dell’auto sta pagando questi ritardi con un rallentamento delle linee produttive più o meno accentuato.
Introdotta nel 2012 ed estesa nel 2019 alle tecnologie 5g, il golden power è una sorta di golden share rafforzata. In sostanza una regola che attribuisce allo Stato poteri speciali con riguardo a tutte le società che svolgono attività di rilevanza strategica (difesa, tlc, etc) e non più soltanto nei confronti delle società privatizzate. La norma attribuisce al governo la facoltà di opporsi all’acquisto di partecipazioni, porre veti all’adozione di delibere societarie e imporre specifiche prescrizioni e condizioni. Sin dal suo insediamento il governo Draghi ha esplicitato senza mezzi termini il suo atlantismo. Ossia di guardare molto più agli Stati Uniti che alla Cina come area di riferimento. “Questo governo sarà convintamente europeista e atlantista, in linea con gli ancoraggi storici dell’Italia” ha affermato nel suo discorso in Parlamento per il voto di fiducia. Un chiarimento che arriva dopo anni di “flirt”, invero piuttosto innocui, tra Roma e Pechino, come nel caso delle tecnologie 5G.