La nuova tecnologia – anche se studiata da molti anni – alla base del vaccino anti Covid 19 dell’azienda Moderna, quella dell’Rna messaggero, potrebbe aiutare la ricerca sui vaccini contro il virus Hiv responsabile dell’Aids, in una collaborazione virtuosa. Un anno fa la tecnologia dell’Rna messaggero – utilizzata anche nel composto di Pfizer-BioNTech e quello in via di approvazione Curevac – ha innescato una corsa senza precedenti e adesso potrebbe dare un nuovo impulso anche allo stremante lavoro dei ricercatori impegnati in una decennale battaglia contro l’epidemia di Aids.

L’ipotesi della collaborazione è scattata dopo la comunicazione dei risultati promettenti della sperimentazione di fase 1 del vaccino anti-Hiv nato dalla collaborazione fra l’Iniziativa internazionale per il vaccino anti-Aids (Iavi) e l’istituto californiano Scripps. Presentati nella conferenza virtuale della Società per la prevenzione dell’Aids dall’immunologo William Schief, dell’Istituto Scripps, i risultati sono così incoraggianti che la seconda fase della ricerca su questo vaccino anti Aids potrebbe utilizzare, in collaborazione con Moderna, la tecnologia basata sull’Rna messaggero e subire in questo modo una notevole spinta in avanti.

Al momento la sperimentazione di fase 1 del vaccino è riuscita a stimolare il sistema immunitario, generando anticorpi anti Hiv nel 97% dei 48 volontari sani. Il vaccino ha dimostrato di essere in grado di attivare le cosiddette cellule del tipo B ‘naïve’, ossia cellule immunitarie che non sono mai state esposte a un antigene e che, dopo il primo contatto, conservano la memoria di quell’incontro. Un risultato inseguito da anni, al punto da essere considerato una sorta di Sacro Graal della lotta al virus Hiv. L’azione del vaccino viene inoltre potenziata da un adiuvante messo a punto dall’azienda GlaxoSmithKline.

“Per ottenere la giusta risposta anticorpale dobbiamo prima innescare le cellule B giuste. I dati di questo studio affermano la capacità dell’immunogeno del vaccino di farlo”, osserva Schief, che è anche direttore esecutivo del Centro per gli anticorpi neutralizzanti della Iavi. La ricerca, ha aggiunto, è una “prova di principio per un nuovo concetto di vaccino anti Hiv e che potrebbe essere applicato anche ad altri patogeni”, come quelli responsabili di influenza, dengue. Zika, epatite C e malaria. Anche per Dennis Burton, direttore del dipartimento di Immunologia e Microbiologia dello Scripps e direttore scientifico del Centro per gli anticorpi neutralizzanti della Iavi, “questo studio clinico ha dimostrato che possiamo guidare le risposte immunitarie in modi prevedibili per creare nuovi e migliori vaccini, e non solo contro l’Hiv. Riteniamo che questo tipo di ingegneria dei vaccini possa essere applicato in modo più ampio, aprendo una nuova pagina della ricerca in questo ambito”. Senza dimenticare che questa tecnologia è stata studiata nell’ambito della rierca contro il cancro.

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