Alla fine sono arrivati dove volevano: innalzare drasticamente i limiti italiani sulle emissioni elettromagnetiche. Hai voglia a dire “il 5G inquina meno dei precedenti standard 2G, 3G, 4G”, oppure, “non c’è da temere per la salute”. Perché gli interessi planetari che girano intorno a questa nuova tecnologia sono talmente tanti (diversificati, strutturati e forti) che si sta facendo passare il sillogismo per cui “più scambio dati, più velocità di trasmissione, più elettrosmog, uguale meno inquinamento, meno pericoli sanitari e ambientali”. E ci vuole davvero una bella faccia tosta per sostenerlo. In assenza di uno straccio di studio scientifico preliminare (dico uno) sugli effetti multipli e cumulativi per umanità ed ecosistema, in nome dell’emergenza Covid-19 e del grande resettaggio indicato dal Forum Economico Mondiale, per l’instaurazione della Gigabit society nelle Smart cities si è finiti lì dove nessuno aveva mai osato prima: inondarci tutti, ovunque, di un inesplorato tsunami elettromagnetico, passando dall’attuale media di 6 V/m ad un massimo di 61 V/m (valore per il campo elettrico) e da 0,1 Watt/mq ad un massimo di 10 Watt/mq (valore per la densità di potenza del campo elettromagnetico in alta frequenza).
Perché? Non l’hanno certo chiesto i cittadini, ma le compagnie telefoniche audite in Parlamento e pure il ministro per l’Innovazione Vittorio Colao, lo scorso anno quand’era al vertice della cosiddetta task force, lui che è uomo dell’industria delle telecomunicazioni (prima di diventare ministro è stato ad di Vodafone Europe e consigliere di amministrazione di Verizon Communications, il colosso americano della banda larga).
Così, per favorire il wireless di quinta generazione nell’installazione di milioni di nuove antenne via terra e del Wi- Fi dallo spazio, nella Proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) approvata dalla IX Commissione (Trasporti, poste, telecomunicazioni) della Camera dei Deputati, si offre generosamente al governo Draghi la sponda politica per rivedere la soglia di legge adeguandola agli standard europei: “si valuti l’opportunità di adeguare gli attuali limiti italiani sulle emissioni elettromagnetiche a quelli europei”, si legge nel testo ossia aumentare la soglia di un valore arbitrario ben 10 volte più alto di quello di oggi, nonostante l’opposizione di molti sindaci (600 Comuni s’erano detti allarmati per l’overdose elettromagnetica) e i pareri contrari di autorevoli medici e scienziati.
Quello che l’opinione pubblica non sa è che passare da 6 V/m a 61 V/m non solo significa esporre 60 milioni di italiani ad un pericolosissimo salto nel buio, ma sconfessa la minimizzazione del rischio indicata nei Report del Bioinitiative Group, dal Parlamento Europeo nella Risoluzione del 2009 e dall’Assemblea del Consiglio d’Europa con la Risoluzione n° 1815 del 2011, protese ad un abbassamento dei limiti di legge a 0,6 V/m nell’immediato e a 0,2 V/m sul lungo termine. Ma c’è di più! Perché si ignora pure l’acceso dibattito nella Commissione europea, dove il Panel per il futuro della scienza e della tecnologia (STOA) ha seriamente messo in discussione l’affidabilità di arbitrarie e obsolete politiche di pseudo protezione dettate dalla Commissione Internazionale sulla Protezione dalla Radiazioni non Ionizzanti (ICNIRP, ente privato già al centro di reiterati scandali per la vicinanza all’industria, sue le linee standard sui 61 V/m), così come la rivalutazione con priorità entro il 2024 della cancerogenesi delle radiofrequenze onde non ionizzanti annunciata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro.
Da qui l’ennesima disperata azione: per scongiurare l’aumento dei limiti italiani sulle emissioni elettromagnetiche nel rinnovo della moratoria nazionale sul 5G ispirata al principio di precauzione e di prevenzione del danno, Alleanza Italiana Stop 5G ha promosso una catena solidale per lo sciopero della fame, invitando i cittadini consapevoli ad aderire in questa civile forma di lotta politica e sociale: “La condizione attuale, critica ed emergenziale dell’Italia nel sistematico calpestamento di diritti costituzionali, civili e umani – si legge nel comunicato – impone scelte consapevoli e forti in grado di risvegliare le coscienze, sensibilizzando l’opinione pubblica su un grave problema di interesse generale, volutamente sottostimato per i troppi interessi in gioco”.
Da domani e fino alla conclusione del voto parlamentare sul PNRR, 41 attivisti (e io con loro!) privandosi del cibo metteranno in moto una virtuosa staffetta di sciopero della fame. Perché ormai ci si sente al punto di non ritorno, come prigionieri incatenati da un sistema votato al martirio: irresponsabile proseguire con la sperimentazione 5G, aumentando a 61 V/m quel limite soglia di legge che da decenni è invece 10 volte più in basso.