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Gianluca Gazzoli di Radio Deejay: “Un defibrillatore nel petto mi ha salvato, non ne ho parlato perché non volevo compassione”

Si intitola “Scosse” il libro dello speaker radiofonico di Radio Deejay che ha voluto rendere pubblica la sua storia, rimasta nascosta per 17 anni. Gianluca Gazzoli soffre di aritmie ventricolari di grave entità impazzite che gli facevano esplodere il petto quando faceva si sforzava. Il cuore raggiunge un numero elevatissimo di battiti al secondo fino a fermarsi completamente, per poi riprendere dopo pochi istanti. Una situazione che allo stremo può portare alla morte. Ecco perché ha un defibrillatore nel petto

di Andrea Conti

Gianluca Gazzoli è conduttore radiofonico e televisivo (sui social si fa pure il suo nome come erede di Cattelan a X Factor), videomaker, attivo sui social dove si interessa di basket, musica e tendenze del momento. A soli 32 anni è già padre e sposato. Goloso di dolci e un occhio alla dieta. Fan di Tiziano Ferro e Ultimo. Una vita al massimo e di corsa, proprio come il suo cuore che però ha fatto i capricci quando aveva 15 anni. Aritmie ventricolari di grave entità impazzite che gli facevano esplodere il petto quando faceva si sforzava. Il cuore raggiunge un numero elevatissimo di battiti al secondo fino a fermarsi completamente, per poi riprendere dopo pochi istanti. Una situazione che allo stremo può portare alla morte. Unica soluzione possibile impiantare nel petto un defibrillatore che con delle scariche elettriche riporta il cuore al ritmo giusto, ogni volta che si verifica una accelerazione impazzita. Per diciassette anni però Gianluca non ha fatto parola con nessuno né con gli amici del suo adorato basket né quando ha intrapreso la carriera di speaker. Nasce così il libro “Scosse” (VivaVoce-Mondadori).

Perché hai aspettato 17 anni per parlarne?
Per una forma di pudore. Quando ero più piccolo non volevo far vedere agli altri la mia debolezza né volevo sentirmi diverso. Non volevo mostrare a nessuno questa cosa e non dare spiegazioni. Poi crescendo anche per il tipo di percorso che ho voluto fare nel mondo dell’intrattenimento non volevo che si pensassi che volessi utilizzare questa storia per ottenere compassione dagli altri e sentirmi ‘speciale’.

Poi cosa è successo?
Più passava il tempo e più condividevo la mia vita sui social con la volontà di voler essere un esempio positivo e i feebdack che ricevevo erano importanti. Poi o fatto un ragionamento sulla mia storia e ho iniziato a parlarne con alcune persone a me vicine e mi si è aperto un mondo. Ho capito che potevo dirlo e condividere la mia esperienza di vita. Forse anche il fatto di essere papà mi ha fatto capire di avere consapevolezze e responsabilità.

Di aritmie ventricolari di grave entità si muore…
Esatto ed è anche per questo che ho voluto scriverne un libro e condividerlo sui social. Sono stato fortunato all’epoca. Ero un 15enne alle prese con il mondo degli adulti e mi sentivo invincibile, la vedevo come una cosa passeggera. Ma non era così. Il defibrillatore mi ha salvato la vita. Se non viene diagnosticata per tempo e si trascura, si può morire. Lo vedo e l’ho sentito da alcune notizie di cronaca con ragazzini morti sul campo di calcio o basket oppure giocatori professionisti che hanno avuto problemi seri con il cuore. Ci sono arrivato con gli anni a maturare e capire di essermi salvato.

Oggi fai una vita normale?
Assolutamente. Faccio sport e piano piano ho imparato a convivere con questo corpo estraneo.

Ci racconti qualche curiosità legata al defibrillatore?
Quando vado a fare i controlli c’è una macchina che collegato al defibrillatore che controlla i miei battiti. Mi manda in bestia (ride, ndr). La scatolina che avevo nel petto non la volevo far vedere a nessuno ed è per questo che andavo al mare in maglietta. Gli altri pensavano che avessi avuto qualche incidente ma non ho mai fatto foto a petto nudo.

Il rapporto con la tua cicatrice com’è?
Complesso. Per il libro ho fatto la foto a petto nudo ed è stata una bella terapia d’urto. Passo dopo passo.

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