In 25 anni i simulatori di fattoria hanno fatto grandi passi avanti, prendendo sostanzialmente 2 strade: la simulazione pura e quella un po’ più “fantasy”. Da un lato abbiamo il tedesco Farming Simulator, dall’altro si è, per ora, raggiunto l’apice con il fenomenale Stardew Valley. Nel mezzo c’è il capostipite di tutto questo, perché prima di Farming Simulator, prima di Farmville e prima di Stardew Valley c’era Harvest Moon di Natsume, che festeggia il suo venticinquesimo anniversario con l’uscita di Harvest Moon: One World in esclusiva per Nintendo Switch.
Harvest Moon: One World è un titolo che si discosta decisamente dai canoni della saga concentrandosi più su storia ed esplorazione che sulla vera e propria vita in fattoria. Dimenticatevi quindi il grande, classico appezzamento di terra di vostra proprietà, il classico negozio di semi e la classica, pacifica vita del fattore scandita dal placido scorrere delle stagioni e vediamo come One World ha cercato di portare una sorta di giro di vite al genere.
In un mondo nel quale le persone sembrano essersi dimenticate dell’esistenza della maggior parte delle verdure, siamo apparentemente noi giocatori gli unici in possesso di un libro che testimonia la loro esistenza. Sarà quindi nostro compito, assistiti dagli spiriti elementali e dalle fate, far riscoprire gli ortaggi “leggendari” all’umanità.
Va da se, vista la peculiare trama, che non potremo limitarci a comprare i semi da un negoziante e far crescere il nostro campo, perché questi semi, semplicemente, in questo mondo neanche esistono. Intraprenderemo dunque un viaggio nel quale, campetto dopo campetto, pianteremo e faremo crescere i semi donatici man mano dalle fatine trovate girando per il mondo, aiutando gli abitanti dei vari villaggi e, nel frattempo, tramite sottoquest, cercando di dargli in dono ortaggi sempre nuovi.
Certo, girare il mondo e gestire una fattoria sono due cose che sembrano andare in controtendenza, ma proprio qui ci viene in aiuto la vera innovazione di questo titolo: il nostro vicino di casa inventore ci farà dono di una fattoria che potremo chiudere in una capsula in modo da poterla portare con noi in giro per il mondo, un po’ come faceva Bulma con la Kame House in Dragonball. Grazie alla nostra fattoria portatile potremo dunque spostarci in giro per il mondo, piazzando la nostra attrezzatura in aree preposte in modo da poter adempiere alle missioni che man mano ci verranno fornite dagli NPC (personaggi non giocanti) che incontreremo nell’avventura.
Man mano che esploreremo i vari biomi e soddisferemo le varie richieste, la nostra fattoria e il nostro equipaggiamento si evolveranno, rendendoci in grado di distruggere rocce più grandi, tagliare alberi più resistenti e, soprattutto, permettendoci di lavorare più a lungo senza sfiancarci. Del resto i compiti di un buon fattore/esploratore/divulgatore scientifico non sono pochi tra il trovare nuovi minerali nelle miniere, occuparsi dei campi, allevare gli animali e scoprire nuove aree.
Quando riusciremo a completare le quest principali di ogni area si attiverà una statua che ci permetterà di viaggiare rapidamente attraverso i vari biomi, ma questo non ci eviterà di dover camminare per corridoi lunghissimi, e abbastanza spogli, alla ricerca delle varie fatine nel tentativo di recuperare i particolari semi che ci saranno necessari soddisfare le richieste del momento. Proprio questo fattore rappresenta il primo scoglio del titolo: non dovendo preoccuparsi più di tanto di accrescere in grandezza la nostra fattoria, cosa neanche possibile essendo i quadrati di coltivazione già preimpostati a seconda dell’area, dovremo coltivare solo il necessario per portare avanti le richieste ricevute ed eventualmente fare qualche soldino o risolvere qualche missione secondaria. Ciò ci porterà a interi giorni spesi semplicemente ad innaffiare le piante che ci servono in attesa della maturazione dei loro frutti, nutrire gli animali e tornare a letto. L’acquisto di un cavallo per gli spostamenti a piedi viene un po’ in aiuto, ma c’è da dire che lo avremo preferito un po’ più rapido.
I vari biomi, pianeggiante, tropicale, vulcanico, desertico e glaciale, sono ben caratterizzati e ognuno ha una buona varietà di propria flora e fauna, ma dopo un po’ si potrebbe avere la sensazione di gestire sempre le stesse cose con una skin leggermente diversa.
Insomma, Harvest Moon: One World si discosta decisamente dai canoni del genere proponendo più un’ avventura con sottofondo bucolico che un gestionale di fattoria, al contrario dei suoi capitoli precedenti, ma restano per lo meno interessanti le meccaniche relazionali di amicizia, amore e persino dell’eventuale costruzione di una famiglia. Si pone come un buon esplorativo rilassante che potrebbe farvi staccare un po’ dalla frenesia cittadina senza il bisogno di sessioni di gioco troppo lunghe.