Questo nuovo sabotaggio rischia in effetti di alterare gli equilibri che sembravano essere stati ritrovati nel corso degli ultimi colloqui a Vienna. Secondo il ministro degli esteri, Javad Zarif, "questo atto disperato ha reso la nostra posizione ancora più forte", ma il suo omologo tedesco, Heiko Maas, denuncia che l'Iran "non sta dando un contributo positivo"
C’è Israele dietro all’attacco sferrato domenica alla centrale nucleare di Natanz, in Iran. Ne sono convinti a Teheran e lo confermano fonti dell’intelligence americana al New York Times. Si accende così un nuovo scontro tra i due rivali nell’area mediorientale e il campo di battaglia è, di nuovo, l’arricchimento dell’uranio da parte della Repubblica Islamica, ripartito dopo la decisione di Donald Trump di uscire dall’accordo Jcpoa tra Iran e 5+1 firmato durante la presidenza Obama.
I vertici del Organizzazione per l’energia atomica della Repubblica Islamica, per voce del portavoce Behrouz Kamalvandi, hanno dato ieri l’annuncio di “un incidente nella rete elettrica dell’impianto di arricchimento Chahid-Ahmadi-Rochan” che non ha provocato la fuoriuscita di materiale radioattivo e che segue quelli di luglio, quando alcuni impianti erano stati gravemente danneggiati da misteriose esplosioni. Per quanto riguarda quest’ultimo caso, comunque, le autorità hanno concluso che vi è stato un “sabotaggio terroristico antinucleare”, anche se non è ancora chiara la dinamica dei fatti. Ma secondo le informazioni in mano ai servizi americani, potrebbero essere necessari nove mesi per ripristinare il corretto funzionamento della centrale.
L’Iran e le fonti citate dal Nyt sostengono che dietro all’attacco ci sia l’azione di Israele, non nuovo a questo tipo di azioni, e gli ayatollah assicurano che è già stata identificata “la persona che ha causato l’interruzione alla corrente elettrica”, promettendo “vendetta” al “momento opportuno”. Le misure necessarie sono state prese per arrestare” il responsabile, precisano le fonti d’intelligence di Teheran. “Con questa azione il regime sionista ha certamente tentato di vendicarsi del popolo iraniano per la pazienza e la saggezza di cui ha dato prova (in attesa) che vengano revocate le sanzioni” americane, ha detto il portavoce del ministero iraniano degli Esteri, Saïd Khatibzadeh, in conferenza stampa a Teheran.
Questo nuovo sabotaggio rischia in effetti di alterare gli equilibri che sembravano essere stati ritrovati nel corso dei colloqui a Vienna a cui hanno partecipato, anche se non nella stessa stanza, sia la delegazione iraniana, insieme a Russia, Cina, Francia, Regno Unito e Germania che sono parte dell’accordo, che di quella americana. Gli Usa avevano espresso la propria disponibilità a cancellare le sanzioni imposte da Trump per far sì che si potesse tornare all’accordo dell’era Obama, opportunità ben accolta dagli emissari di Teheran e che invece viene osteggiata da Israele, preoccupato da un ritorno degli Usa su posizioni più aperte al regime degli ayatollah. Oggi, il ministro degli esteri iraniano, Javad Zarif, ha dichiarato che il “sabotaggio” rafforzerà Teheran nei negoziati per il ritorno degli Stati Uniti all’accordo sul nucleare. Zarif ha riferito sugli sviluppi dei colloqui avviati a Vienna: “Se pensavano che” l’incidente “ci avrebbe messo in una condizione di svantaggio nei negoziati, dovevano invece capire che questo atto disperato avrebbe reso la nostra posizione ancora più forte”, ha detto riferendosi a Tel Aviv. Più cauto, però, il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, che in conferenza stampa a Berlino ha dichiarato che l’Iran “non sta dando un contributo positivo” alle trattative, “soprattutto sugli sviluppi che riguardano Natanz”.
L’Unione europea fa sapere che sta “seguendo da vicino e con preoccupazione le notizie sull’incidente alla centrale di Natanz avvenuto nel weekend in Iran e che potrebbe essere un atto di sabotaggio”, ha detto Peter Stano portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell. “Deve essere fatta un’inchiesta completa per chiarire le cause di quanto accaduto e per scoprire chi ci sia dietro l’incidente”.
Da Israele, intanto, tutto tace. La politica del governo di Tel Aviv è sempre quella di non confermare né smentire le proprie offensive fuori dai confini dello Stato ebraico, così come nei giorni scorsi, quando il ministro della Difesa Benny Gantz non ha voluto commentare direttamente le notizie sull’attacco contro la nave iraniana Mv Saviz, colpita da una mina nel Mar Rosso: Israele agisce “quando serve”, ha dichiarato aggiungendo che “lo stato d’Israele deve difendersi. Ogni volta che c’è una sfida operativa o una necessità operativa, continueremo ad agire”.