La promessa fatta sabato dal governatore Fontana è mantenuta grazie alla corsa a perdifiato degli hub vaccinali. Ma continuano a non avere protezione coloro che hanno bisogno di appuntamento perché non possono stare in coda ad aspettare. O i domiciliari, come il caso della signora Carla, 96 anni, in attesa di appuntamento dal 17 febbraio e ora iscritta anche al terminale di Poste. La figlia 70enne diabetica sarà vaccinata prima di lei
Obiettivo raggiunto? Ni, anche se viste le premesse è comunque un risultato decisamente migliore delle attese. Anche se il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, ci ha messo la faccia fino all’ultimo confermando sabato 10 aprile che entro domenica 11 tutti gli over 80 che hanno aderito alla campagna vaccinale avrebbero avuto almeno una dose di vaccino anti covid. Lo sanno bene nei centri vaccinali lombardi, dove negli ultimi giorni sono stati fatti letteralmente i salti mortali per far mantenere al governatore le promesse fatte, accogliendo anche le migliaia di anziani che non avevano ancora avuto l’appuntamento ma che hanno avuto la forza di mettersi in fila. In situazioni a dir poco snervanti quando non a paradossale rischio covid per assembramento, come si è visto per esempio domenica al centro di Malpensa.
“Le persone che si sono presentate in autonomia nei centri vaccinali bene o male sono riusciti a farle tutte, magari sono dovuti tornare o sono andati in due posti prima di riuscire a farsi vaccinare, però chi è andato alla fine è stato vaccinato”, spiega il consigliere regionale Elisabetta Strada, Presidente del gruppo Lombardi Civici Europeisti che nei giorni scorsi ha raccolto personalmente i nominativi dei lombardi ultraottantenni in attesa di chiamata. Quindi tutto a posto? “Fino a un certo punto. I casi che non sono risolti sono quelli di chi vuole avere l’appuntamento, perché non se la sente di andare allo sbaraglio, perché non sta in piedi, non ha nessuno che li accompagna, non è in condizione di girare per più centri. Quindi ancora molti stanno aspettando di essere chiamati, di avere un appuntamento, che comunque è dovuto”, spiega ricordando una categoria che non viene mai citata: “Tutti quelli che non si sono iscritti perché non sono stati in grado di farlo”. E che andrebbero raccolti uno ad uno dai servizi sociali o dai medici di base, per esempio.
E poi ci sono quelli che non possono uscire di casa, i cosiddetti domiciliari. “Qui siamo lontani anni luce dalla meta”, sottolinea Strada che nei giorni scorsi ha ricevuto e inoltrato almeno 2.500 segnalazioni, incluse quelle di medici che le hanno inviato i nominativi di loro pazienti. La signora Carla Papetti, di cui ilfattoquotidiano.it ha scritto 20 giorni fa, è una di loro. Milanese, 96 anni a novembre, da tempo in sedia a rotelle e con pluripatologie, vive con la figlia in un piccolo appartamento. Ha aderito alla campagna vaccinale il 17 febbraio ed è stata contattata solo per verificare la reale necessità della somministrazione a domicilio. Quando Poste è subentrata ad Aria, la figlia ha cercato di contattare telefonicamente il call center per capire se poteva iscrivere la mamma anche al nuovo portale e ha dovuto pensare qualche giorno e molte telefonate prima di riuscire a parlare con qualcuno. Poi un qui pro quo perché i dati della signora forniti dall’Ats non erano aggiornati, quindi finalmente venerdì è stata effettuata la nuova iscrizione e l’attesa è ripartita. Nel frattempo, paradosso nel paradosso, è stata invece contattata la figlia che è diabetica e viaggia per i 70 e che sarà vaccinata tra pochi giorni. Sperando di stare bene: “Perché se no chi ci pensa alla mamma?”.