“L’ennesima selezione farsa”, “Io che non ho raccomandazioni dovrò andarmene dall’Italia?”, “Viviamo nel Paese di Pulcinella”, “Questa è troppo grossa, non deve passare”. Da giorni, ormai, centinaia di lavoratori dei beni culturali sfogano rabbia e indignazione per l’esito del bando indetto dal ministero della Cultura con decreto dirigenziale del 29 dicembre 2020: la selezione di 500 figure tra archeologi, architetti, assistenti tecnici di cantiere, ingegneri, storici dell’arte e tecnici contabili “per il conferimento di incarichi di collaborazione” presso le 43 Soprintendenze Abap (Archeologia, belle arti e paesaggio) sparse sul territorio nazionale. Contratti a partita Iva, a tempo determinato, con scadenza entro il 31 dicembre 2021. Poca roba, verrebbe da dire. E invece, per molti professionisti anche avanti con gli anni, l’occasione unica di raggiungere (di fatto) ruoli pubblici non messi a concorso da tempo immemore, con una retribuzione lorda di 32mila euro l’anno per i laureati e la prospettiva, nemmeno troppo remota, di successivi rinnovi fino all’internalizzazione. Manna dal cielo, in un settore tra i più funestati da precarietà, mancanza di prospettive e salari da fame.
“2500 battute spazi inclusi” – Che il posto fosse ambito lo dimostravano i requisiti stessi del bando: almeno 15 anni di esperienza di cui 3 “maturati in incarichi di collaborazione con le pubbliche amministrazioni”, o in alternativa 10 anni di esperienza più un dottorato, o ancora la docenza universitaria (di ruolo) nell’ambito disciplinare di riferimento. Eppure, a fronte di standard di così alto livello, al candidato non si chiedeva neppure un curriculum vitae: solo “una sintetica presentazione personale, con l’indicazione dei titoli di studio conseguiti e delle esperienze professionali maturate, max duemilacinquecento battute spazi inclusi”. E una lettera motivazionale della stessa lunghezza. Modalità singolari che già a dicembre avevano fatto sorgere dubbi sulla genuinità della selezione. “A volte a pensar male non si fa peccato. Dalle istituzioni ci si aspettano esempi di trasparenza, non di abusi. Spiegateci”, era l’appello di “Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali”, la community social di riferimento del settore.
Le polemiche sull’esito – Usciti gli elenchi dei vincitori e degli idonei (rispettivamente il 6 e l’8 aprile scorso) si scoperchia il vaso di Pandora. Decine di segnalazioni di “paracadutati” sconosciuti al territorio su cui andranno a lavorare, curriculum inadeguati o addirittura senza i requisiti per candidarsi: le testimonianze si accavallano in un gruppo Facebook da 112 membri, nato “per coordinare l’eventuale ricorso legale relativo alla scandalosa graduatoria del bando”. Che tale in realtà non può definirsi, trattandosi di un mero elenco di nomi e cognomi senza classifica né punteggi (peraltro non previsti dal bando stesso). A portare la vicenda sul piano istituzionale la senatrice – e archeologa – Margherita Corrado, ex M5S da poco passata al Misto, scrivendo alla Direzione generale Archeologia del Mibact e al ministro Franceschini per segnalare i casi più macroscopici. “A Roma un archeologo vincitore si è laureato nel 2016”, racconta al fattoquotidiano.it. “È difficile che possa aver maturato i 15 anni di esperienza previsti. Un altro è specializzato in Vicino Oriente e non ha mai collaborato con il Ministero. A Crotone, addirittura, uno dei vincitori è già dipendente della stessa Soprintendenza. Poi ci sono i soci o titolari di ditte private che dalle Soprintendenze ottengono regolarmente incarichi: tutt’a un tratto si troverebbero in pieno conflitto d’interessi, potendo ricoprire il ruolo di responsabili del procedimento amministrativo in lavori affidati alle loro stesse ditte”.
Collaboratori anomali – E in effetti, uno dei tre vincitori archeologi per la Soprintendenza Abap delle province di Catanzaro e Crotone risulta, da curriculum pubblico, “Assistente tecnico scientifico per lo scavo e i contesti archeologici” presso lo stesso ente dal 1978, con contratto a tempo indeterminato. Un dipendente veterano, insomma, selezionato per una collaborazione professionale retribuita con il proprio datore di lavoro. In Basilicata una candidata giudicata “idonea” si presenta su LinkedIn come amministratore unico di una società che a propria volta si descrive (su Facebook) “ditta di fiducia delle Soprintendenze per i Beni archeologici di Basilicata e Puglia”. Alla Soprintendenza per il patrimonio culturale subacqueo, denuncia in anonimo al fattoquotidiano.it una dei candidati esclusi, c’è addirittura una vincitrice priva del brevetto di immersione. “Tutto ciò nonostante presso il Mibact esistano già elenchi ufficiali di professionisti qualificati a cui attingere per gli incarichi di collaborazione”, spiega la senatrice Corrado. “Se servono davvero collaboratori, basta selezionarli da lì. Se invece si vogliono riempire vuoti d’organico, l’unico modo di farlo è con un concorso pubblico. Questa selezione opaca e truffaldina, fatta per piazzare i protetti di baroni e dirigenti, va annullata subito”.
Lotta e rassegnazione – In molti tra gli esclusi si preparano a fare ricorso, rivolgendosi a studi legali specializzati. Come Riccardo, storico dell’arte, che ha 56 anni e da tutta la vita avrebbe voluto curare il patrimonio culturale della propria città: “Dopo la laurea ho lavorato 7 anni gratis per la Soprintendenza di Verona, sperando di essere assunto. Poi ho deciso di mollare, ho aperto uno studio di consulenza sui beni culturali e ho fatto carriera, finché ho saputo di questa opportunità, l’occasione di realizzare il mio sogno di ragazzo. Ma chi ti vuole schiavo, quando vede che ce la stai facendo da solo, sceglie di fartela pagare”. C’è chi invece, come Helga, non ci ha nemmeno provato: “Alla mia età e con il mio curriculum è poco dignitoso confrontarsi con gente più giovane di me, magari meno titolata di me, meno appassionata di me, spesso più bugiarda di me, che certamente mi supererebbe. Altrettanto poco dignitoso farmi giudicare da membri di commissioni che, forse, hanno meno titoli di me, meno esperienza di me, meno passione di quella che io ho avuto e, soprattutto, meno onestà intellettuale”. Ma a far sintesi tra le anime della categoria, come spesso accade, sono gli admin di “Mi Riconosci?”: “Distinguiamo bene i nostri nemici”, scrivono. “Sono questo sistema, chi l’ha creato e chi se ne approfitta senza pietà. Gli altri sono solo sintomi, sempre più tossici, che nel caso di questo bando erano più che evidenti da quando era stato pubblicato a fine dicembre”.