“Johnson&Johnson è un altro vaccino vettoriale virale e non raccomandiamo, in questo momento, che il governo acquisti qualsiasi ulteriore vaccino vettoriale virale”. Che, cioè, è formulato in base allo stesso principio di AstraZeneca. Il ministro della Salute australiano Greg Hunt ha comunicato così la decisione del governo di non acquistare il siero del gigante farmaceutico americano e ha identificato un secondo caso di un raro coagulo di sangue probabilmente collegato al vaccino della società anglo-svedese. Johnson&Johnson aveva chiesto la registrazione provvisoria all’autorità di regolamentazione australiana, la Therapeutical Goods Administration, ma il governo ha escluso un contratto con la società del New Jersey perché il suo vaccino era simile al prodotto AstraZeneca, per cui l’Australia ha già un contratto per 53,8 milioni di dosi.
L’Australia ha avuto un discreto successo nel contenere la diffusione del virus, ma crescono le critiche sul ritmo delle vaccinazioni. Proprio ieri il primo ministro Scott Morrison (nella foto) ha spiegato che Canberra ha abbandonato il suo obiettivo di somministrare il farmaco anti-Covid a quasi tutti i 26 milioni di cittadini contro il Covid-19 entro la fine del 2021, dopo che la scorsa settimana le autorità hanno raccomandato l’uso del vaccino Pfizer – e non AstraZeneca – per le persone sotto i 50 anni d’età.
“Il governo non ha nemmeno fissato, né ha in programma di fissare nuovi obiettivi per il completamento delle prime dosi”, ha scritto Morrison sulla sua pagina Facebook. “Anche se vorremmo che i vaccini fossero completati entro la fine dell’anno, non è possibile fissare tali obiettivi date le molte incertezze implicate”, ha aggiunto. Il programma di vaccinazione australiano è stato organizzato sull’uso di AstraZeneca, ma le autorità di regolamentazione hanno adottato un approccio più cauto dopo che un numero esiguo di rari casi di coaguli di sangue sono stati riscontrati soprattutto tra i giovani che hanno ricevuto la dose.