L'intesa finale è prevista nel maggio 2022, ma restano da superare diverse condizioni sospensive perché la società controllata dallo Stato, con un nuovo investimento, possa arrivare a detenere una quota di maggioranza. Il perfezionamento dell'accordo arriva in giorni in cui Mittal è nella bufera per il licenziamento di un dipendente, al quale è stato contestato di postato su Facebook l'invito a vedere la fiction Svegliati amore mio
L’ex Ilva è da oggi formalmente una società pubblico-privata. ArcelorMittal e Invitalia, società controllata dallo Stato italiano, hanno infatti perfezionato l’accordo di investimento in stand-by da mesi. Invitalia ha versato 400 milioni di euro nel capitale sociale di AmInvestco Italy, la società controllata dalla multinazionale dell’acciaio che aveva formalmente sottoscritto il contratto di affitto e acquisto dei rami d’azienda dell’Ilva. Si tratta del penultimo passo in vista di un ritorno del controllo statale del siderurgico di Taranto: l’intesa finale è prevista nel maggio 2022, ma restano da superare diversi ostacoli perché si verifichino le condizioni che porteranno Invitalia a un nuovo investimento per arrivare a detenere una quota di maggioranza.
Ad oggi, infatti, i 400 milioni investiti valgono una partecipazione al capitale sociale pari al 38% e diritti di voto pari al 50%. La nuova società a controllo congiunto avrà un nuovo nome, Acciaierie d’Italia Holding mentre ArcelorMittal Italia sarà rinominata Acciaierie d’Italia. Tra tredici mesi è previsto un secondo investimento – fino a 680 milioni – per finanziare il perfezionamento dell’acquisto dei rami d’azienda di Ilva. Invitalia salirebbe in questo modo al 60% nel capitale sociale, mentre ArcelorMittal, con altri 70 milioni, manterrebbe una partecipazione del 40 per cento.
Prima però ci sono da superare le numerose – e complicate – condizioni sospensive della seconda tranche di investimento. L’operazione potrà procedere solo se si verificheranno la modifica del piano ambientale per tenere conto delle modifiche del nuovo piano industriale e, soprattutto, la revoca di tutti i sequestri penali riguardanti lo stabilimento di Taranto. Non solo: l’accordo è anche subordinato all’assenza di misure restrittive – nell’ambito dei procedimenti penali in cui Ilva è imputata – nei confronti di Acciaierie d’Italia Holding o di sue società controllate. Nel caso in cui le condizioni sospensive non si verificassero, la newco nata oggi non sarebbe obbligata a perfezionare l’acquisto dei rami d’azienda di Ilva e il capitale in essi investito verrebbe restituito. E, ad oggi, non è affatto detto che tutte queste pre-condizioni al via libera finale si verifichino.
Nelle scorse ore, ArcelorMittal è sembra propensa, di fronte alla dura reazione al licenziamento, a un ripensamento. Il dipendente è stato convocato dal direttore delle Risorse Umane per un colloquio nell’ottica di trovare una via d’uscita a una situazione che sta esasperando ulteriormente il clima in una fabbrica già stremata da quasi un decennio di incertezze e che negli ultimi due anni ha vissuto un nuovo tentativo di fuga da parte dei proprietari al quale ha fatto seguito un ricorso massiccio alla cassa integrazione Covid e una ripartenza degli impianti che, nonostante la richiesta di acciaio sia aumentata in Europa, stenta a vedere la luce.