La Corea del Sud porterà il caso davanti al Tribunale internazionale del diritto del mare di Amburgo. La mossa impopolare decisa da Tokyo, divenuta improcrastinabile, è stata bollata come "irresponsabile" da Seul e Pechino, ma ha ottenuto il pieno sostegno degli Stati Uniti
No allo sversamento nell’oceano di 1,25 milioni di tonnellate di acqua contaminata impiegata fino a oggi per raffreddare i reattori danneggiati dall’incidente nucleare di Fukushima. La Corea del Sud ha deciso di impugnare davanti al Tribunale internazionale del diritto del mare la decisione del Giappone, e porterà il caso davanti alla corte di Amburgo. Il presidente coreano Moon Jae-in mira a sospendere l’iniziativa annunciata ieri dal governo di Tokyo che ha innescato forte opposizione e indignazione pubblica nel Paese e ha incontrato l’ambasciatore nipponico Koichi Aiboshi al quale ha espresso “grande preoccupazione”, visto che le due nazioni sono geograficamente vicine.
La mossa impopolare, divenuta improcrastinabile, è stata bollata come “irresponsabile” da Corea del Sud e Cina, ma ha ottenuto il pieno sostegno degli Stati Uniti. La spianata multilivello di migliaia di serbatoi, al ritmo di 140 tonnellate di acqua giornaliera necessaria per raffreddare i reattori danneggiati, sarà satura al più tardi nell’autunno del 2022, intralciando ancora di più le complesse opere di decommissionamento della struttura atteso tra il 2041 e il 2051.
La Tepco, gestore dell’impianto, sarà incoraggiata a scaricare l’acqua in circa due anni, secondo le linee guida approvate nella riunione, seguendo un rigido protocollo dell’Autorità di regolazione nucleare giapponese (Nra) e dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) dell’Onu: il paradosso è che, rispettando i parametri, il volume delle acque rilasciate in mare e ripulite di elementi radioattivi come stronzio e cesio, ma contaminate di trizio, saranno meno pericolose di quelle degli obiettivi fissati dalla stessa centrale nucleare di Daiichi prima dell’incidente. E il trizio, correlato all’idrogeno e difficilmente separabile dall’acqua, è rilasciato in mare dai reattori nucleari di tutto il mondo.
Le linee guida richiedono che i liquidi trattati siano diluiti con almeno 100 volumi uguali di acqua marina prima di essere scaricati nell’oceano. In questo modo, il trizio sarebbe pari a un settimo del limite raccomandato per l’acqua potabile dall’Oms. Governo e Tepco intensificheranno il monitoraggio nelle zone di pesca e nelle spiagge, mentre il settore agricolo, forestale e ittico parteciperà alla raccolta e all’analisi dei campioni, così come i governi locali. Un comitato di esperti ambientali esaminerà il processo di monitoraggio e fornirà indicazioni. Le rassicurazioni non hanno però convinto gli ambientalisti nipponici e il capo della federazione nazionale delle cooperative di pesca, Hiroshi Kishi, per il quale l’operazione è “assolutamente inaccettabile” e “calpesta i sentimenti dei pescatori non solo nella prefettura di Fukushima, ma in tutto il Giappone”.