“Ispirato a”… non si sa bene cosa. Tra le tante nequizie che una miniserie, pardon prima stagione di una serie, perché presto se ne produrrà una seconda, come Leonardo (Rai1) offre all’ignaro, disperato spettatore, c’è quella di un’immotivata e disgraziata invenzione storica. Un lavoro (?) di fantasia totalizzante, di pastrocchio, anzi pastoia, rinascimentale mistery in cui catapultare il povero Leonardo da Vinci per farci qualche milionata di incauti spettatori. Partiamo dall’inizio, anzi fermiamoci proprio lì, alla prima puntata, ai primi trenta minuti della prima puntata, perché l’orrore di una bubbola di scrittura pressappochista, slabbrata, sconclusionata ha già il suo apice. Leonardo da Vinci nel 1506 non era a Milano, quando verrebbe arrestato nientemeno che per omicidio (ci arriviamo dopo).
Lo scrivono decine di biografie, ovviamente anch’esse non sempre concordi su molti dettagli della vita del “genio” fiorentino ma sul dato del 1506 piuttosto univoche: a Milano, Leonardo ha vissuto un periodo cruciale ed intenso nell’ultimo quindicennio del ‘400, poi ci è ritornato nel 1508 per rimanerci fino al 1513. Insomma nel 1506 girovagava per l’Italia del Nord ma non era di certo abitante fisso dell’antica Milano nemmeno nell’anticamera del cervello del Vasari. Altra buffa retrodatazione al primo flashback della serie (dopo circa tre minuti di girato): si passa dalla fantomatica Milano del 1506 alla Firenze di “sedici anni prima” dove Leonardo giovinetto (Aidan Turner) si esercita nella Bottega del maestro Andrea del Verrocchio (Giancarlo Giannini), disegnando le forme di Caterina da Cremona (Matilda de Angelis). Ebbene, spiace ancora una volta far torto alle megaproduzioni galattiche internazionali di Rai1, ma non solo Leonardo era stato a bottega del Verrocchio tra il 1468 e il 1470, ma nel 1490 Verrocchio era già morto e sepolto da due anni.
Passiamo all’accusa di omicidio e alla figura magmatica di Caterina. Le risposte sono brevi, di tempo da perdere ne abbiamo tutti poco. La prima: se Leonardo non era a Milano nel 1506 non poteva altresì essere messo in galera per un presunto omicidio, peraltro mai avvenuto, quindi nemmeno attinto di straforo da qualche cronaca dell’epoca. Insomma bubbola storica talmente inventata che avrebbero potuto metterci anche Gianluigi Nuzzi in calzamaglia e fargli fare una puntata di Quarto Grado sul tema. Ma forse è su questa Caterina da Cremona che lo sforzo di scrittura (Frank Spontniz e Nicholas Meyer) deve essersi sprecato in lunghe sedute di verosimiglianza e scrupolo storico. Parentesi: non è che esiste una ricetta per una ricostruzione storica nei film o nelle serie (gli esempi imbarazzanti si sprecano), anzi, ognuno è libero di fare ciò che vuole. Solo che se ti intestardisci a sottolineare una datazione precisa, con figure precise, meriti anche che qualcuno ti lanci anatemi se quei dettagli sono imprecisi o addirittura inventati per far tornare i conti del giallo.
Pensate solo per fare un esempio a The Crown. Si riscrivono gli eventi con dettagli temporali precisi e poi si fa aggirare un personaggio storicamente inesistente – che so Catherine da Dover – tra quelli principali Elisabetta, Filippo, Diana e Carlo. Immaginate le vibranti proteste di una qualunque signora Smith. Invece per Leonardo da Vinci ci si può inventare senza colpo ferire tal Caterina da Cremona a farla agire come se fosse il fulcro dei tormenti, delle ossessioni e della vita di Leonardo. Nelle ultime ore, va detto, c’è anche chi, come qualche storico nostrano, ha cercato a tutti i costi di fare scalpore segnalando che Caterina esisteva davvero perché c’è in bigliettino tra gli scritti di Leonardo con una “somma dovuta” a una signora di Cremona. Insomma, Leonardo, come raccontato nella serie, nella sua veste ampiamente bisessuale (o solo omosessuale? boh?) avrebbe annotato un pagamento a una signorina che faceva il mestiere.
Bigliettino di cui non si conosce datazione temporale e collocazione geografica, ma niente paura Spontniz e Meyer per non saper né leggere né scrivere costruiscono l’onnipresente Caterina da Cremona ovunque: a Firenze nel 1490 nella bottega del già defunto Verrocchio ma per esigenze di scena ancora in vita e poi nel 1506 in Lombardia mentre viene uccisa da Leonardo. Piccola puntualizzazione anche qui: se sedici anni in Leonardo passano con un bel barbone biblico, la nostra splendida Matilda rimane una splendida Matilda tardo adolescenziale. Infine che dire dell’ “investigatore” Stefano Giraldi, l’inquisitore di un omicidio che non esiste? Inventato così pieno di allusioni con i suoi occhioni azzurri, tanto per far elementarmente scalpore e un filo di pruderie e diventare protagonista di un romanzo sul delitto commesso da Leonardo e il mistero che dietro vi si cela (?) edito da Rai Eri.