Vogliono mettere sotto inchiesta tutta la magistratura. Di più: Forza Italia, partito notoriamente guidato da un condannato per frode fiscale, arriva a parlare di una commissione d’inchiesta “sull’uso politico della giustizia“. È scontro in Parlamento per la proposta avanzata dal centrodestra e da Italia viva, che vorrebbero costituire una commissione parlamentare che indaghi sul lavoro delle toghe. Proposta contro cui si sono schierati il Pd e il Movimento 5 Stelle. Tutti partiti che sulla carta fanno parte della maggioranza del governo di Mario Draghi.
La richiesta è stata depositata da Forza Italia nelle commissioni Affari costituzionali e giustizia di Montecitorio e porta le firme di tutto il centrodestra: l’ex capogruppo dei berlusconiano Mariastella Gelmini, che nel frattempo è diventata ministra degli Affari regionali, Riccardo Molinari della Lega e Francesco Lollobrigida di Fratelli d’Italia. Pierantonio Zanettin di Forza Italia ha citato, come elemento a sostegno della richiesta, il libro di Luca Palamara e Alessandro Sallusti: “Pare surreale – dice – che a fronte degli scandali emersi già da due anni e, denunciati anche nel libro inchiesta di Luca Palamara e Alessandro Sallusti, il Parlamento faccia lo struzzo e continui a guardare da un’altra parte. Ci aspettiamo già dalla prossima settimana un preciso calendario dei lavori”. Igor Iezzi e Roberto Turri della Lega, invece, hanno accusato Pd, Leu e 5 stelle di ostruzionismo: “Spiace che, ancora una volta, non si siano dimostrati collaborativi ma, al contrario, abbiano alzato barricate contro la proposta di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta sugli eventuali condizionamenti incompatibili con l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, nonostante il tema sia di forte rilevanza visti gli ultimi scandali legati alla magistratura.
I dem da parte loro hanno fatto notare con Michele Bordo che “non si è mai vista una commissione di inchiesta parlamentare con il compito di indagare su un altro potere dello Stato. Il Parlamento non può fare un’indagine sul lavoro fatto dalla magistratura in questi anni, come invece stanno ora proponendo alcune forze politiche del centrodestra in commissione Giustizia e Affari costituzionali, chiedendo di calendarizzare le loro proposte di legge che vanno in questa direzione. A meno che Forza Italia, Lega e FdI non vogliano che deputati e senatori rifacciano i processi dell’ultimo ventennio. Tutte le commissioni di inchiesta parlamentare hanno svolto approfondimenti su avvenimenti o fenomeni specifici, ma mai sull’attività svolta da un altro potere dello Stato. Alle forze di centrodestra mi permetto di ricordare, sommessamente, che qua siamo in Italia non in Ungheria. Da noi la magistratura è indipendente dal potere politico”. Il presidente della commissione Giustizia, Mario Perantoni, mette le mani avanti e sottolinea “la presidenza non interviene nel merito delle proposte dei gruppi dunque si deciderà a breve dopo alcune verifiche; osservo peraltro che non rientrano nel perimetro delle commissioni parlamentari d’inchiesta temi che possono provocare un conflitto tra poteri dello Stato”. Ogni eventuale decisione, in ogni caso, è stata rinviata alla prossima settimana.
Gian Carlo Caselli, magistrato di grande esperienza nella lotta al terrorismo e alla lotta alla mafia, riconosce che “la magistratura è nel bel mezzo di una bufera. Crisi di efficienza, crisi di fiducia e credibilità, crisi di autostima, il tutto come risultato di stratificazioni successive, da ultimo lo tsunami Palamara e le complicazioni del Covid anche sul pianeta giustizia”. A fronte di questa situazione, aggiunge, “occorrono riforme serie con una strategia di vasto respiro, riforme che investano il Csm e il funzionamento del processo sono sempre più necessarie ed urgenti”. Eppure, continua, “questo sembra essere, per qualcuno, anche il clima ideale per impostare non riforme ma una specie di regolamento di conti. Penso che la proposta di una Commissione d’inchiesta parlamentare sul lavoro della magistratura vada in questa direzione”. Per Caselli un’eventuale commissione “non offre la prospettiva di qualche rimedio ai mali endemici della magistratura e può costituire una mortificazione della giurisdizione. Corrisponde all’orientamento da sempre serpeggiante nel nostro Paese di coloro che vogliono meno giustizia pur proclamando di volerne di più”. Contrario all’ipotesi è anche Antonino Di Matteo, pm molto esperto nella lotta a Cosa nostra e consigliere del Csm: “Continuo a credere che la sede istituzionale propria per individuare, sanzionare e prevenire in futuro le gravi patologie del sistema, sia il Consiglio superiore della magistratura. Ed in questa direzione continuerò ad impegnarmi con tutte le mie forze. Per mia formazione non sono mai pregiudizialmente contrario alle inchieste e agli approfondimenti in sede parlamentare, purché non diventino terreno di scontro tra fazioni o, ancor peggio, strumento per limitare le prerogative costituzionali di autonomia e indipendenza della magistratura dal potere politico”.