Su 27 Paesi europei, dieci devono ancora ratificare la decisione sulle risorse proprie. La Commissione presenta il piano per raccogliere sul mercato 800 miliardi e lancia un nuovo appello a fare in fretta, altrimenti le emissioni non potranno partire nemmeno a giugno. E arriva la rassicurazione per i "frugali" contrari all'ipotesi che il debito comune emesso per affrontare l'emergenza diventi strutturale: "E' uno strumento temporaneo"
La Ue è in ritardo sulla tabella di marcia per il varo del Recovery fund. Su 27 Paesi europei, dieci devono ancora ratificare la decisione sulle risorse proprie. Così i primi prefinanziamenti arriveranno a luglio nel migliore dei casi, e solo per gli Stati che per primi si vedranno approvare il Piano di ripresa e resilienza. Gran parte dei 27 – tra cui probabilmente l’Italia che il piano aggiornato deve ancora presentarlo – li riceveranno non prima di settembre, sempre che non ci siano altri intoppi. Le date emergono dalla conferenza stampa del commissario Ue per il Bilancio, Johannes Hahn, sulla strategia della Commissione per raccogliere sul mercato di qui al 2026 806 miliardi di euro con cui finanziare il Next generation Eu.
Da Hahn è arrivato dunque un nuovo appello a fare in fretta. Non senza – tra le righe – una rassicurazione per i “frugali” contrari all’ipotesi che il debito comune emesso per affrontare l’emergenza diventi strutturale. Una doccia fredda, al contrario, per i Paesi convinti che questa debba essere solo la prima tappa in vista di un’unione fiscale. “Il Next Generation Eu è uno strumento temporaneo ed è per questo che il tempo è essenziale“, ha detto. “Faccio appello agli Stati membri che non hanno ancora ratificato la decisione sulle risorse proprie affinché accelerino il processo. Abbiamo un’opportunità da qui al 2026 per gestire la ripresa dell’Ue e promuovere la modernizzazione dell’economia attraverso la transizione verde e digitale. Non perdiamo tempo, la crisi richiede un’azione rapida su tutti i fronti”, ha aggiunto.
All’appello delle ratifiche nazionali mancano ancora dieci Paesi: Estonia, Polonia, Ungheria, Austria, Finlandia, Romania, Paesi Bassi, Irlanda, Lituania e Germania dove lo stop è arrivato a causa del ricorso alla Corte costituzionale tedesca. Hahn ha espresso “rispetto” per “tutte le disposizioni costituzionali” ma ha anche ribadito di auspicare che l’iter si concluda rapidamente: “Rimaniamo fiduciosi che tutte le procedure necessarie saranno finalizzate in tempo per poter avviare il nostro programma di prestito come previsto all’inizio del secondo semestre“.
Stando agli annunci di oggi la Commissione entro il 2026 raccoglierà sui mercati 806 miliardi di euro, con un ritmo di circa 150 miliardi l’anno. I bond avranno rendimenti negativi, almeno sulle lunghe scadenze, in linea con l’andamento prevedibile del mercato. La raccolta procederà al ritmo di 15-20 miliardi al mese. Di conseguenza i 45 miliardi necessari per i prefinanziamenti del 13% possono essere raccolti “in due mesi” ed è “molto realistico” prevedere che i primi soldi possano essere erogati agli Stati che si sono visti approvare i piani nazionali di ripresa e resilienza per primi “in luglio” e agli altri “in settembre“, ha detto Hahn. La prima emissione potrebbe essere a giugno, “ma dipenderà da quanto tempo” occorrerà ai Paesi membri per concludere il processo di ratifica, ha ricordato Hahn. I titoli avranno una durata variabile (da 3 a 30 anni), ma è prevista anche l’introduzione di obbligazioni con scadenza inferiore all’anno. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen in un tweet ha scritto che il 30% delle risorse sarà raccolto attraverso l’emissione di green bond.