“Made in Italy” avanti tutto. E’ il grido di battaglia che in piena pandemia sentiamo sbandierare a mo ‘di tricolore. Quasi quasi ci si mette pure sull’attenti, impettiti come se stessimo per gorgheggiare Fratelli d’Italia…
Per ritrovato spirito patriottico, per contrastare la bestiaccia cinese ( che dopo avere contagiato l’intero pianeta continua il suo shopping di luxery a prezzi di saldi). Mentre l’impatto sulle aziende italiane le ha ormai ridotte all’ultimo buco della cintura.

Per grazia ricevuta del Ricovery Plan del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza ( lo scrivo per intero per rigoroso puntiglio) si apre un largo ventaglio di prospettive per dare fiato al progetto JFB, Jewellery Fashion and Beauty, fiore all’occhiello dalla Camera di Commercio Italiana negli EAU per promuovere l’eccellenza del Made in Italy nel settore nei paesi degli Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Barhain, Kuwait, Oman.
Valorizzare l’eccellenza del Made in Italy ( con un occhio di riguardo al made in Sud) significa dare sostegno a tutte quelle imprese medio-piccole artigianali che hanno fatto della manifattura, della qualita’ e del carattere innovativo della creazione una missione quasi apostolica.
Ma non tutte le favole, neanche Mille e Una notte, sono a lieto fine.
Maffei è una realtà avellinese, a gestione familiare, di nicchia operante da mezzo secolo nel settore della pelletteria. Vetrine in tutto il mondo con sede a Solofra in una ridente conca ai piedi dei Monti Picentini che anticamente i romani chiamavano “Offerta al Sole”. E Maffei si è sentita baciata dagli dei quando hanno superato la prima barriera di requisiti per presentare la propria candidatura al JFB.

Elenchiamo pedissequamente i plus richiesti.
La borsa Maffei è disegnata da stilisti rigorosamente italiani con l’impiego di materia prima lavorata e fornita da aziende italiane, realizzata in Italia esclusivamente da sapienti mani italiane dalla prima all’ultima impuntura. Potrebbe diventare il mantra dei matteosavinologi…
Non hanno trascurato neanche l’innovazione sul piano delle politiche green e animaliste attraverso la realizzazione di una linea di borse, chiamata per l’appunto Ethica, che consente il reimpiego di materia prima, ossia pelle e pelliccia, recuperate da capi in disuso. Maffei seleziona, rigenera, igienizza e riporta – con trattamenti ecologici sperimentali. Insomma, una filosofia che meriterebbe apprezzamento sul piano dell’economia circolare e del riciclo di materiali da scarto destinati altrimenti allo smaltimento.

La candidatura Maffei al progetto JFB e’ stata pero’ bocciata perchè l’azienda produce una borsa giudicata “troppo costosa”.
Ecco uno stralcio della nota a firma del Segretario Generale della Camera di Commercio negli EAU, Mauro Marzocchi: “…riteniamo che abbiate prezzi di vendita molto alti (…) vicino a quello di firme conosciute”.
Ci asteniamo dal dare un voto di valutazione alla valutazione ( lasciatemi passare il gioco di parole) di Marzocchi. Mon cher, la qualità si paga, il low cost viene prodotto “altrove” con tanto di sfruttamento della mano d’opera a basso costo. E poi non inquinano di più le borse di simil pelle, impregnate di resine poliuretaniche?

Maffei è “colpevole” di aver realizzato una bella borsa dalla linea classica che non ha nulla da invidiare alle firme conosciute il cui costo medio retail e’ di 399 euro. E tutto sommato non mi sembra una gran cifra per un accessorio realizzato da maestri artigiani in una valle accarezzata dal sole del Sud mica in una filiera cinese da fast fashion. Accessorio destinato, tra l’altro, alle billionaire degli Emirati Arabi, tutte strass e luccichii. E a farci fare bella figura. Le manovre “politiche” non aiutano di certo a difendere l’identità del made in sud.
Te lo do io il made in Italy ma non me l’ammazzare!

pagina Facebook di Januaria Piromallo

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