Un progetto da 54 milioni di euro, a metà strada tra l’iniziativa no-profit e l’attività imprenditoriale di piccole aziende cinesi, dal finanziamento alquanto nebuloso, non metterà a repentaglio l’esistenza della sede del Global campus of human rights, un master per i Diritti Umani che da anni ha trovato casa nell’ex monastero di San Nicolò sull’isola del Lido di Venezia, ideato da 100 università di tutto il mondo, con il sostegno dell’Ue, con l’obbiettivo di sviluppare ricerche in tema di diritti umani. La preoccupazione si era tradotta in mobilitazione delle opposizioni in consiglio comunale a Venezia, adombrando dietro a questa operazione interessi riconducibili ad accordi tra la maggioranza di centrodestra con la società Fispmed, visto che a presentare l’ipotesi di intervento, riguardante anche l’ex caserma Pepe, è stato un dipendente comunale. Proprio quest’ultimo, Roberto Russo, ha illustrato in commissione consiliare il progetto elaborato dalla Federazione Internazionale per lo Sviluppo sostenibile e la lotta contro la Povertà nel Mediterraneo-Mar Nero.
Nel suo intervento ha spiegato che non c’è alcun investitore cinese interessato al recupero della caserma, ma prima di lui un funzionario comunale ha anticipato che il progetto non si farà. Infatti, a febbraio l’Agenzia del Demanio aveva respinto il progetto di valorizzazione presentato dall’associazione, che comprendeva oltre all’ex caserma Pepe anche il monastero. Per due motivi. Innanzitutto perché ci sono due diverse proprietà su quei beni, una dello Stato e una del Comune di Venezia. Ma anche perché non ci sarebbe chiarezza sull’effettiva disponibilità di fonti di finanziamento. Nonostante l’anticipazione la proposta è stata illustrata e sottoposta a un fuoco di fila di domande delle opposizioni, anche a causa della presenza di possibili investitori cinesi. Negli ultimi anni, società e facoltosi imprenditori hanno manifestato interessi all’acquisto di importanti palazzi veneziani e gli avversari del sindaco Luigi Brugnaro sostengono che vi sia stata una specie di svendita a personaggi provenienti dall’Asia.
La riqualificazione della caserma, nell’ipotesi del progetto che per ora è stato respinto, prevedrebbe una struttura universitaria, ma anche una scuola di gelateria, una casa per artisti, nonché attività di ristorazione. Diventerebbe una specie di contenitore, che però sfratterebbe dal convento il Master dei diritti umani finanziato dall’Unione Europea e da un network di facoltà internazionali. “Abbiamo assistito al seppellimento del progetto Fispmed” ha concluso lo storico Giuseppe Saccà, consigliere comunale del Pd. E il senatore Gianni Pittella si è affrettato a ritirare un disegno di legge che voleva promuovere un Osservatorio Euromediterraneo ideato da Fispmed.
Nel frattempo il Comune ha confermato che l’ex convento è in condizioni buone, aula e pavimentazione sono perfetti. Il rapporto tra Global campus e Comune è regolato da una convenzione del 2014 che scadrà nel 2023 e sarà rinnovabile per altri 9 anni al monastero di San Nicolò. In questi anni si sono diplomati in questa sede circa 4mila studenti (di cui 2mila al master europeo e gli altri tra altri 6 programmi) sono stati organizzati corsi fuori dal master per almeno 3mila partecipanti. In questi anni il Global campus ha investito sull’ex monastero circa mezzo milione di euro per le manutenzioni. E dall’altra parte c’è un indotto economico che gira intorno al centro del master: si calcola che solo la permanenza degli studenti vale 450mila euro ogni anno per la città più altrettanti frutto della presenza degli insegnanti che a Venezia lavorano e vivono. Il fatturato totale del Global campus è di 6 milioni di euro circa di cui 4.7 dall’Europa e 1.3 sono i fondi raccolti dal Campus . Di questi, 3 milioni vengono spesi totalmente a Venezia, dove lavorano e abitano 30 dipendenti. “Venezia è stata scelta come sede del Global Campus of human rights per una ragione storica, già dal momento della fondazione da parte dell’università di Padova, con l’Unione europea e altre università europee – ricorda il direttore amministrativo del Global campus, Elisabetta Noli – E’ sempre stata intenzione di tenere Venezia al centro del progetto per la sua risonanza internazionale, per il fatto che è sempre stata crocevia multiculturale, per la sua storia”. “Il nostro obiettivo – conclude – è confermare le nostre attività qui, perché è una sede riconosciuta anche dal resto delle nostre strutture come luogo ideale“.