La ‘ndrangheta ha messo le mani anche sullo smaltimento di rifiuti in Toscana e nell’inchiesta sui reati ambientali e gli sversamenti degli scarti del comparto conciario di Santa Croce Sull’Arno, in provincia di Pisa, finiscono anche i nomi del capo di gabinetto del presidente della Regione Toscana, Ledo Gori, e l’ex presidente della Provincia di Pisa, oggi consigliere regionale del Pd, Andrea Pieroni. Entrambi risultano indagati per corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio nell’inchiesta condotta dalla Dda di Firenze che ha portato oggi a sei arresti e che coinvolge diversi imprenditori, alcuni dei quali considerati legati alle cosce di ‘ndrangheta. Nel registro degli indagati anche la sindaca di Santa Croce sull’Arno, Giulia Deidda, con le accuse di corruzione, abuso di ufficio e anche di associazione a delinquere in concorso con un gruppo di imprenditori. In particolare, la sindaca, si legge, ha favorito un gruppo criminale nominando i consulenti in materia ambientale tra quelli graditi al consorzio Aquarno, ente finito al centro delle indagini. Inoltre la sindaca, sempre secondo i magistrati, ha avuto un ruolo di raccordo tra la politica e gli imprenditori nell’ambito della raccolta di contributi elettorali, orientandoli verso politici che mostravano più attenzione verso le istanze dei conciatori.
La procura distrettuale antimafia ritiene che Gori abbia svolto il ruolo di intermediario tra l’Associazione dei Conciatori e i vertici della Regione, seguendo personalmente pratiche, spostamenti di dirigenti e la redazione di leggi. Secondo l’ipotesi accusatoria, Gori ha “agevolato” l’Associazione dei Conciatori “nel rilascio delle concessioni autorizzative e nelle emissioni di provvedimenti normativi, nonché ostacolando i controlli dell’autorità“. Simili contestazioni sono formulate nei confronti del funzionario regionale Bernini. Gori, ritengono i magistrati, aveva “incondizionata disponibilità ad assecondare i vertici” dell’Associazione dei Conciatori nella loro “attività criminosa” in materia ambientale. Sempre secondo la procura distrettuale antimafia, che ha condotto le indagini anche sulla base di intercettazioni, Gori avrebbe assecondato le richieste dell’associazione di conciatori in cambio del loro impegno a sostenere la sua riconferma nel ruolo apicale della Regione presso il nuovo presidente Eugenio Giani. Nelle carte del gip si cita anche il contratto da oltre 100mila euro da mantenere per la funzione del capo di gabinetto. Per sostenere Giani, che non risulta indagato, l’Associazione dei Conciatori e i suoi imprenditori e lo stesso sindaco di Santa Croce avevano posto la condizione che fosse confermato nel suo ruolo Gori. Pressioni che, secondo chi indaga, sono arrivate anche dalla sindaca Deidda direttamente sul presidente Giani. Sono state eseguite oggi anche delle perquisizioni da parte dei carabinieri forestali e del Noe negli uffici della Regione Toscana e del Comune di Santa Croce.
L’operazione nasce da un’inchiesta più ampia della Dda di Firenze sulla ‘ndrangheta in Toscana che ha portato a 23 arresti e mostrato l’infiltrazione nella Regione di più attività criminali riconducibili alle cosche calabresi che gestivano dal traffico di cocaina, al controllo di lavori stradali, allo smaltimento illecito di rifiuti delle concerie. Proprio nell’ambito di quest’ultimo filone sono state arrestate sei persone (uno in carcere e cinque ai domiciliari) in Toscana, Calabria e Umbria per la gestione di rifiuti reflui e fanghi industriali prodotti nel distretto conciario.
Lo smaltimento illegale: 8mila tonnellate di rifiuti tossici usati per ostruire una strada regionale
Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, alcuni vertici dell’Associazione Conciatori di Santa Croce hanno rappresentato il fulcro decisionale di tutto il sistema che operava mescolando le ceneri di risulta dei rifiuti conciari classificati ‘Keu’, ossia altamente inquinanti, con altri materiali e riutilizzati in attività edilizie, tra cui circa 8mila tonnellate usate nella realizzazione del V lotto della Strada 429, nel tratto che collega le cittadine di Empoli e Castelfiorentino. Contestati a vario titolo i reati di associazione a delinquere aggravata dall’agevolazione mafiosa, traffico illecito di rifiuti, inquinamento e impedimento del controllo da parte degli organi amministrativi e giudiziari. Imposte anche sette interdizioni dall’attività di impresa, due sequestri preventivi di impianti di gestione di rifiuti e oltre 60 perquisizioni. Eseguito anche un sequestro per l’equivalente di oltre 20 milioni di euro e numerose perquisizioni e ispezioni personali e domiciliari in oltre 50 obiettivi nelle province di Firenze, Pisa, Arezzo, Crotone, Terni e Perugia.
Le indagini sono partite dal controllo del mercato del movimento terra in più province toscane, mediante estorsioni e illecita concorrenza tramite violenza o minacce, ottenuto da soggetti di vertice della storica impresa Cantini Marino srl di Vicchio (Firenze) tramite l’impresario Graziano Cantini e il suo principale collaboratore Nicola Verdiglione i quali, spiegano i carabinieri, direttamente collegati a soggetti organici al clan Gallace (Domenico Vitale e Nicola Chiefari) hanno sfruttato la forza della consorteria mafiosa per imporsi sul mercato del movimento terra e della fornitura di inerti a discapito di aziende concorrenti, “infiltrandosi” in importanti commesse pubbliche in Toscana. E tra queste c’era anche quella sulla fornitura di materiale per i lavori da eseguire nel cantiere relativo all’appalto milionario tra Castelfiorentino ed Empoli. Inoltre, sotto indagine ci sono legami, che gli investigatori definiscono “di comodo” con la “pubblica amministrazione aretina (Consorzio Bonifica Valdarno) per l’assegnazione diretta di lavori per importi contenuti (sotto soglia), su cui sono in corso approfondimenti”.
Per gli inquirenti gli esponenti indagati al vertice dell’Associazione Conciatori sono riferimento di un sistema che agisce con le modalità “di un sodalizio organizzato per la commissione di reati, utilizzando a tale scopo vari consorzi” in un comparto industriale, la concia delle pelli, a particolare rischio ambientale per i rifiuti, “la cui gestione illecita provoca conseguenze in termini di contaminazione” delle falde, dei corsi d’acqua, dei terreni, dell’ambiente, del suolo laddove gli scarichi industriali vengano smaltiti illecitamente o a seguito di procedure insufficienti”. È stato inoltre verificato, spiegano Dda e Carabinieri, che “il peso economico del comparto consente ai suoi referenti di avere contatti diretti, che vanno anche oltre i normali rapporti istituzionali, con i vertici politici e amministrativi di più Enti Pubblici territoriali che a vario titolo avrebbero agevolato in modo sostanziale il sistema, alcuni dei quali figurano fra gli indagati”.
Le indagini dei Carabinieri Forestali hanno evidenziato che le ceneri derivate dai fanghi hanno concentrazioni di inquinanti tali da non poter essere riutilizzati in attività edilizie di riempimento di rilevati (tipo stradali) o ripristini ambientali. Invece, erano inviati a un impianto di produzione di materiali riciclati che provvedeva a miscelare questo rifiuto con altri inerti e a classificarlo materia prima per l’edilizia, con pericolo di contaminazione del suolo e delle falde. Inoltre sono emerse altre criticità per quanto le attività di scarico delle acque depurate trattate dal depuratore “Aquarno” che versa nel canale Usciana acque non adeguatamente depurate. Anche la fase di lavorazione del cromo esausto ha presentato notevoli profili di criticità, essendo commercializzato dopo un trattamento, come materia prima pur non avendone i requisiti, e rimanendo rifiuto.
Dalle indagini emerge che il titolare dell’impianto di trattamento abusivo di materiali riciclati dai reflui e dai fanghi delle concerie di Santa Croce sull’Arno, Francesco Lerose, “fosse in stretto contatto con ambienti di spessore criminale della cosca Gallace, i quali avevano preso il controllo del subappalto del movimento terra per la realizzazione del V lotto della Strada regionale 429 Empolese-Valdelsa”. Grazie a questi contatti sono state smaltite abusivamente nei rilevati della nuova strada circa 8mila tonnellate di rifiuti contaminati. Questo episodio, chiariscono Forestali e Ros, costituisce il collegamento investigativo tra l’indagine denominata ‘Keu’ dei Forestali e l’indagine svolta dai carabinieri del Ros denominata ‘Calatruria’.
Il narcotraffico: sequestrati 191 chili di cocaina
L’altro fronte d’indagine è quello del narcotraffico internazionale che ha portato al sequestro totale di circa 191 chili di cocaina (periodo maggio 2017 – agosto 2019) nel cui contesto è maturato a cura dei carabinieri di Livorno e del Ros l’arresto del latitante Francesco Riitano nell’agosto 2019 sotto falso nome a Giardini Naxos (Messina), individuato grazie al suo legame con l’indagato Domenico Vitale che lo incontrava periodicamente in località segrete. Un’inchiesta, questa, partita dopo il ritrovamento di 130 chili di cocaina, il 5 maggio del 2017, vicino alla Terrazza Mascagni di Livorno. Sono state eseguite due ordinanze di custodia cautelare, per un totale di 17 arresti che hanno colpito imprenditori contigui alla cosca Gallace di Guardavalle (Catanzaro).