Per Pioltello tutti a processo. È la richiesta ribadita nell’udienza preliminare dai pm di Milano Maura Ripamonti e Leonardo Lesti nei confronti di 9 persone, tra cui Maurizio Gentile, ex ad di Rete ferroviaria italiana e attuale commissario straordinario per la messa in sicurezza della A24 e A25. Il procedimento è quello relativo al disastro ferroviario del 25 gennaio 2018 a Pioltello, nel Milanese, nel quale, in seguito al deragliamento del regionale Cremona-Milano Porta Garibaldi, morirono tre persone e diverse decine rimasero ferite.
La richiesta è stata formulata davanti al gup di Milano Anna Magelli. Tra i 9 imputati, per disastro ferroviario colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e violazione delle normative sulla sicurezza, ci sono due manager all’epoca di Rete Ferroviaria Italiana, tra cui appunto Gentile, sette tra dipendenti e tecnici di Rfi e la stessa società. Un decimo imputato, invece, Ernesto Salvatore, all’epoca responsabile del Nucleo Manutentivo Lavori di Treviglio di Rete Ferrovaria Italiana Spa, ha chiesto di patteggiare a tre anni e mezzo di carcere col parere favorevole dei pm. Per la Procura quello di Pioltello fu un disastro ferroviario causato da una lunga serie di “omissioni” nella “manutenzione” e nella “sicurezza”, messe in atto solo per risparmiare. Già la maxi relazione dei consulenti dei pm aveva stabilito che l’incidente fu causato dallo “spezzone di rotaia” di 23 centimetri che si fratturò nel cosiddetto ‘punto zero’ per “un danneggiamento ciclico irreversibile generato da condizioni di insufficiente manutenzione“.
Dopo gli interventi delle difese, l’udienza preliminare verrà aggiornata ad altra data. Come risulta dagli atti, i dirigenti di Rfi non avrebbero messo “a disposizione dei lavoratori di Trenord srl e di tutti i viaggiatori dei treni” di quella linea “attrezzature idonee ai fini della sicurezza”, senza garantire così “che l’infrastruttura fosse mantenuta in buono stato di efficienza per la sicura circolazione”. Pure “l’assenza dei controlli ultrasonori” non aveva consentito di monitorare la “progressione irreversibile del danneggiamento del giunto” in quel punto, una giuntura mai cambiata malgrado il problema fosse noto almeno da 11 mesi. Inoltre, secondo inquirenti e investigatori, il convoglio la mattina dell’incidente “viaggiava ad una velocità di 130 km/h” nel punto di “rottura” del giunto e anche se “in quel tratto la velocità consentita era di 180 km/h, con quel tipo di ammaloramento avrebbe dovuto viaggiare a 50 km/h”. Tale riduzione della velocità, secondo i pm, doveva essere richiesta da Rfi che era a conoscenza del cattivo stato della giuntura.