Se si analizza il cambiamento negli stili di vita e nei comportamenti, tra le persone intervistate nell’analisi della Fondazioni, nel rapporto si legge come l’impatto sui giovani, se confrontato con la media della popolazione, “risulta maggiore”. Con alcune differenze significative: se gli accenni (o sintomi) di depressione erano denunciati dal 16,5% della popolazione, tra i più giovani la percentuale sale al 34,7%, quindi più del doppio. Ma non solo: anche per quanto riguarda la percentuale di persone che avverte disagi psicologici questa è pari al 27,1% nella media della popolazione, ma arriva al 40,2%, quasi il doppio, nella fascia d’età 18-25. Questo malessere, si spiega, viene però “percepito in quanto collettivo e non in quanto legato alla singola persona, a sé medesimi”. Tradotto, si trasforma in un cambiamento di comportamenti: uscire di meno, vedere meno persone; fare meno cose. E non si compensa invece con meccanismi di “addiction”, dato che – numeri alla mano – fumo e alcool non sembrano essere una “risposta” a questi problemi avvertiti.
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