Questi sono giorni di festa, soprattutto per quei 1271 detenuti che si trovano al carcere “duro(?)” , al cosiddetto regime di 41 bis dell’ordinamento penitenziario. Tra questi gli stragisti Giuseppe e Filippo Graviano, Leoluca Bagarella, i Biondino, i Madonia, gli ‘ndranghetisti, i camorristi, i brigatisti e così via tanta “bella” gente. È successa una cosa che ha esaudito le intime speranze dei boss mafiosi, anche quelli irriducibili, il “sogno” divenuto “realtà” di poter ottenere il “tana libera tutti”.
La Corte Costituzionale ieri, in camera di consiglio, ha esaminato le questioni di legittimità sollevate dalla Cassazione sul regime applicabile ai condannati alla pena dell’ergastolo per reati di mafia e di contesto mafioso che non abbiano collaborato con la giustizia e che chiedano l’accesso alla liberazione condizionale. I giudici hanno rilevato che la “vigente disciplina del cosiddetto ergastolo ostativo preclude in modo assoluto, a chi non abbia utilmente collaborato con la giustizia, la possibilità di accedere al procedimento per chiedere la liberazione condizionale, anche quando il suo ravvedimento risulti sicuro”.
In poche parole, la disciplina dell’ergastolo ostativo, espressa nell’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario in cui si vieta di liberare i boss stragisti condannati all’ergastolo, se non collaborano con la giustizia, “è in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione e con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”. Detto questo la Consulta, tuttavia, si è resa conto che “l’accoglimento immediato delle questioni rischierebbe di inserirsi in modo inadeguato nell’attuale sistema di contrasto alla criminalità organizzata” pertanto ha concesso al Parlamento un anno di tempo, fino al maggio 2022, per modificare la norma.
Festa per qualcuno e tutto da rifare per qualcun altro, insomma.
Questa notizia, a mio personale avviso, è una vergogna e se fossimo un Paese normale, cosa che non siamo, la “bella” notizia balzerebbe agli onori delle cronache e in tutti i palinsesti mediatici. Cosa che ovviamente non avviene. Il solito schifo totale. È bene, tuttavia, non far finta di cadere giù dal pero o essere sbalorditi da tale decisione, perché le ultime pronunce della Consulta e della Cedu hanno preannunciato questo risultato, direi, purtroppo, scontato.
L’ergastolo ostativo è una norma che è stata introdotta dopo le tragiche morti dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Uno dei più efficaci strumenti di contrasto alla mafia che ha provocato una moltitudine di pentiti perché per evitare di passare una vita all’interno del carcere, i boss mafiosi, sottoposti a questa misura, avevano la possibilità di collaborare con la giustizia, dando il proprio contributo sulle indagini di mafia, con la conseguenza di spezzare i legami con l’associazione criminale di provenienza dopo averla “tradita” ed ottenere così i benefici penitenziari che diversamente non avrebbero avuto.
Quel carcere ostativo che alla buonanima di Totò Riina andava di traverso, ritenendola norma che avesse bisogno di un “ritocchino” e che, da alcuni anni, è stata messa in discussione.
Dopo le sentenze su Bruno Contrada e Bernardo Provenzano, per la terza volta in pochissimi anni, la Cedu ha dimostrato di non avere molta dimestichezza in tema di lotta alla criminalità organizzata. Il 13 giugno 2019 ha sentenziato che “L’Italia deve riformare la legge sull’ergastolo ostativo, che impedisce al condannato di usufruire di benefici sulla pena se non collabora con la giustizia”. Un passaggio storico inquietante per l’intera antimafia italiana.
La Corte costituzionale, poi, il 23 ottobre 2019, sulla scia della pronuncia della Cedu, ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 4 bis e ha dunque aperto alla facoltà per gli ‘ergastolani ostativi’ di accedere a permessi premio nel corso della loro detenzione.
Da penultimo, il 23 marzo 2021 l’Avvocatura dello Stato, che rappresenta il governo italiano, ha ufficialmente aperto alla possibilità che i detenuti sottoposti al ‘fine pena mai’ per delitti di mafia e terrorismo possano accedere alla libertà condizionale anche senza collaborare con la giustizia. In che modo? Chiedendo allo Stato nella sua organicità? No. Chiedendo al singolo magistrato di sorveglianza di decidere discrezionalmente sui singoli casi, su chi può uscire e chi no tra i mafiosi ‘non pentiti’, esponendolo ad una enorme quantità di pressione.
Mi viene da riflettere che se più che mettere sotto la lente di ingrandimento l’ergastolo ostativo, il cosiddetto carcere duro, fossero state fatte più verifiche sulla idoneità delle strutture che ospitano questi detenuti al 41 bis e su quale funzione rieducativa venisse esercitata all’interno, forse queste sentenze non esisterebbero perché sarebbe emerso che negli ultimi decenni non è stata esercitata una idonea funzione di prevenzione sociale e pubblica, come stabilisce la nostra Costituzione.
E il problema non è il carcere ostativo ma una politica che si è completamente disinteressata nel corso degli ultimi decenni della lotta alla criminalità organizzata, soprattutto a partire da dentro le carceri. Ed è da questi presupposti che abbiamo questi risultati, che potrebbero portare a diverse uscite “vip” senza aver fatto prima abbastanza per “rieducare” e “reintegrare” queste persone ora nella “sana” Società.
A prescindere, quindi, dalla lettura delle motivazioni della Consulta il dado ormai è tratto e il danno è stato già compiuto. Il Parlamento reagirà subito e attraverso una legge darà voce ad un Paese che non dimentica le ombre, i segreti, le vittime e il sangue della sua storia recente e tutte quelle donne, bambini, cittadini, magistrati, avvocati, giornalisti, sindacalisti, poliziotti, carabinieri, finanzieri, imprenditori che sono stati uccisi perché la schiena davanti ai mafiosi non l’hanno mai piegata.