L'Agi riferisce di essere venuta in possesso di una serie di correzioni apportate al documento "An unprecedented challenge: Italy’s first response to Covid-19" dei ricercatori di Venezia guidati da Francesco Zambon prima che venisse pubblicato e poi fatto sparire in 24 ore. In un passaggio la responsabile della comunicazione di Oms Europa, Cristiana Salvi, sostiene che è "politicamente scorretto" scrivere che all'inizio della pandemia in Italia il tracciamento venisse fatto "con carta e penna"
Parlare di “corpi accatastati” e di morti di Covid che non hanno ricevuto una “una sepoltura dignitosa” è “troppo sensazionalistico“. “Non penso che possiamo dire così”. Sono alcune delle annotazioni di Cristiana Salvi, responsabile della comunicazione di Oms Europa, al dossier “An unprecedented challenge: Italy’s first response to Covid-19” elaborato dai ricercatori di Venezia guidati da Francesco Zambon e sparito 24 ore dopo la pubblicazione. Lo sostiene l’Agi, venuta in possesso di una serie di correzioni apportate al documento prima che venisse caricato sul sito web dell’Organizzazione nel maggio scorso. In un altro passaggio – riferisce l’agenzia di stampa – sempre Salvi definisce “un’altra accusa” l’affermazione che “c’è voluto fino all’8 marzo perché il governo proibisse le visite dei familiari agli ospiti nelle residenze per anziani“.
Tra le chat risalenti all’11 maggio del 2020 di cui l’Agi è venuta in possesso tra Salvi, l’allora direttore aggiunto dell’Oms Ranieri Guerra e Zambon, ce n’è anche una che riguarda il tema del tracciamento dei sospetti casi Covid. Prima che il sistema venisse centralizzato, infatti, secondo la versione originale del rapporto “sorsero iniziative in tutto il Paese in un mosaico di sistemi improvvisati nell’ambito dei quali si utilizzavano carta e penna o un foglio di calcolo Excel ad hoc. I criteri variavano da luogo a luogo, bisogna arrivare alla metà di marzo prima che i dati del tracciamento venissero raccolti in una piattaforma di base sul web”. Per la responsabile comunicazione dell’Oms Europa, però, dire che all’inizio in Italia si utilizzò “carta e penna” è una considerazione “politicamente scorretta“.
Sempre Salvi, continua l’agenzia di stampa, chiede agli autori del rapporto se “si possono abbassare i toni” nel passaggio in cui si sostiene che “mentre si mettevano a punto i criteri per i test, il tracciamento e l’isolamento che sarebbero stati formalizzati in un dpcm, ciascuna regione procedeva per proprio conto”. Mentre è reputata “potenzialmente offensiva dal punto di vista politico” l’affermazione di Zambon in cui si attesta “l’efficacia del sistema sanitario pubblico Veneto e la capacità di far fronte come comunità all’emergenza”. Una valutazione che per Salvi potrebbe “sollevare il disappunto del governo”. Nello scambio di annotazioni tra Salvi, Zambon e Guerra c’è poi il caso del paziente uno a Codogno. Nel report i ricercatori scrivono infatti che non fu sottoposto al tampone perché in quel momento il protocollo sanitario della stessa Oms non lo prevedeva. “Questo potrebbe essere molto critico per noi e per altri dieci Paesi”, scrive Salvi. Ma perché la responsabile comunicazione di Oms Europa ha avuto un ruolo nelle correzioni? “Per una sua lettura ‘comunicativa’”, spiega Guerra a Zambon, “dato che abbiamo condiviso le ultime anche minacciose situazioni mediatiche per cui il documento potrebbe prestare appigli se non adeguatamente formulato”.
Sul caso – esploso soprattutto perché nel dossier si fa riferimento al mancato aggiornamento del Piano pandemico italiano e a una reazione “caotica” e “improvvisata” del nostro Paese alla prima ondata – sta indagando la procura di Bergamo, che di recente ha iscritto nel registro degli indagati l’ex direttore aggiunto Oms Ranieri Guerra per false dichiarazioni ai pm. Una delle accuse è di aver mentito alla procura quando ha dichiarato che il Piano non doveva essere aggiornato perché non c’erano state “variazioni epidemiologiche” né “indicazioni da parte dell’Oms di variazione”. In realtà, scrivono i magistrati nella rogatoria internazionale presentata all’Organizzazione, c’erano state l’influenza suina nel 2009 e la Mers nel 2012 e soprattutto le nuove linee guida dell’Oms e quelle della Commissione e del Parlamento europeo. I pm contestano a Guerra anche di aver detto di non aver avuto un ruolo nel ritiro del report di Zambon, mentre a loro parere si adoperò “personalmente alla rimozione dal sito di Oms”.
A supporto dell’accusa, la procura cita una serie di messaggi scambiati nel maggio 2020 tra lo stesso Guerra e Silvio Brusaferro (non indagato), in cui più volte si fa anche il nome del ministro della Salute Roberto Speranza. Il presidente dell’Iss proprio nelle scorse ore ha rilasciato un commento sulla vicenda: “Da parte mia e dell’Iss non c’è mai stata la volontà di nascondere la verità, abbiamo sempre reso pubblici tutti i dati in qualsiasi momento, anche quelli più scomodi. Stiamo parlando di un documento dell’Oms che noi abbiamo visto il giorno della pubblicazione e, come abbiamo avuto modo di dire, siamo rimasti molto stupiti non tanto dal documento in sé, ma” del fatto che, “avendo collaborato durante tutta l’epidemia con l’Oms, fosse uscito questo documento di cui nessuno aveva avuto notizia. Né il presidente dell’Iss né altri dell’Iss hanno potere o mandato di intervenire nella vita e nelle dinamiche di altre organizzazioni”, ha dichiarato in conferenza stampa. “Il dottor Guerra, con cui c’era una frequentazione quotidiana visto che era nel Cts, mi ha mandato una serie di considerazioni personali rispetto alle quali ho preso atto, in maniera cortese, ma non ho espresso giudizi”.