di Luigi Manfra*

Secondo i dati della Johns Hopkins University al 15 aprile di quest’anno, sono 138.284.275 i casi di Coronavirus in tutto il mondo e 2.973.179 i decessi. Lo scoppio della pandemia e la susseguente recessione economica hanno avuto un effetto dirompente sulla vita sociale ed economica di tutti i paesi e, in particolar modo, sui gruppi più fragili della popolazione. Infatti, sono le persone più povere, sia nei paesi ricchi che in quelli poveri, che soffrono di più a causa del lavoro perso, della vulnerabilità al contagio, in quanto vivono e lavorano in contesti ad alto rischio, privi di assistenza sanitaria e protezione sociale.

Nel rapporto “Poverty and Shared prosperity 2020: Reversals of Fortune”, la Banca Mondiale ha rivisto le previsioni sulla riduzione della povertà assoluta. Nel 2020, per la prima volta in due decenni, i poveri aumenteranno per tre cause concomitanti: conflitti, cambiamenti climatici e Covid-19. Le attuali proiezioni suggeriscono che la riduzione della povertà globale non solo rallenterà, ma invertirà la tendenza in gran parte del mondo. Il numero di persone che vivono in povertà estrema quest’anno aumenterà di 115 milioni, riportando i tassi di povertà globale ai livelli del 2017.

L’emergenza pandemica in Italia ha trovato un paese ancora alle prese con la crisi economica del 2008. Alla crisi sanitaria che ha colpito gli italiani si è aggiunta la chiusura delle scuole, il distanziamento sociale e soprattutto la chiusura delle attività produttive e di quelle commerciali non essenziali, che ha prodotto una immediata perdita di capacità economica delle famiglie. In Italia, sulla base delle stime preliminari diffuse dall’Istat nel marzo del 2021 relative all’anno precedente, oltre 2 milioni le famiglie che risultano essere in povertà assoluta, il 7,7% del totale, con un significativo aumento rispetto al 2019, quando l’incidenza era pari al 6,4%. In termini di individui coinvolti, si tratta di un incremento di oltre un milione di persone, da 4,6 a 5,6 milioni.

Si sono, dunque, azzerati i miglioramenti registrati nel 2019 ed è emersa una crescita delle difficoltà più ampia al Nord che al Sud, anche se quest’ultimo conserva il numero più alto di indigenti. Inoltre, dato drammatico quest’ultimo, l’incidenza della povertà assoluta per i minorenni sale di oltre due punti percentuali, da 11,4% a 13,6%, il valore più alto dal 2005, per un totale di bambini e ragazzi poveri che raggiunge quota 1 milione e 346mila, 209mila in più rispetto all’anno precedente.

Un aspetto peculiare di questa emergenza sanitaria è l’ulteriore aumento del divario tra ricchi e poveri. Come scrive Oxfam, “le 1.000 persone più ricche del mondo hanno recuperato in appena nove mesi tutte le perdite che avevano accumulato per l’emergenza, mentre i più poveri per riprendersi dalle catastrofiche conseguenze economiche della pandemia potrebbero impiegare più di 10 anni”. I miliardari della Silicon Valley hanno tratto enormi profitti dalla pandemia, a differenza delle piccole e medie imprese che affrontano difficoltà crescenti, mentre sempre più persone perdono il lavoro. Sono le donne e le minoranze etniche ad avere più difficoltà a causa della crisi. In molti paesi sono i primi a rischiare di soffrire la fame e a perdere l’assistenza sanitaria.

La disparità tra ricchi e poveri non è soltanto economica ma anche sanitaria. L’Oms nel 2020 aveva lanciato l’iniziativa Act, Access to Covid-19 Tools, una collaborazione globale finalizzata a garantire trattamenti accessibili a tutti contro la pandemia. È stato predisposto anche un programma chiamato Covax con l’obiettivo di aiutare i paesi poveri nelle campagne di vaccinazione. A questi ultimi sarebbero state già assicurate 1,6 miliardi di dosi, altri 700 milioni sarebbero ancora in fase di negoziazione. Considerando la doppia somministrazione sarebbero immunizzate circa un miliardo di persone, appena il 20%, molto poche rispetto alle reali esigenze – dimenticando che il nazionalismo vaccinale nuoce a tutti e non protegge nessuno.

Oltretutto, secondo il Fondo monetario internazionale la carenza di vaccini nei paesi poveri potrebbe dilatare drammaticamente i tempi della ripresa economica innescando una crisi finanziaria su scala globale. Il premio Nobel per la pace, assegnato nel 2020 al Programma alimentare mondiale, testimonia chiaramente come sulla sicurezza alimentare occorra ancora fare molto per evitare che i più poveri siano sempre i primi ad essere colpiti. Servono 35 miliardi di dollari per salvare 265 milioni di persone dalla fame e dalla miseria. Il Coronavirus, infatti, ha accresciuto del 40% le persone bisognose, e la comunità internazionale non fa quanto promette. I paesi più ricchi non donano neanche l’obiettivo prefissato dello 0,7% del Pil in aiuti, mettendo in evidenza la disparità tra le risorse che servirebbero e quelle che vengono messe a disposizione.

In un mondo globalizzato la pandemia ci ha ricordato che non esistono confini, e tutti siamo esposti al contagio senza distinzione di nazionalità censo o colore della pelle. La diseguaglianza e il disastro ambientale appaiono l’espressione più evidente del funzionamento del capitalismo selvaggio di questi anni. L’attuale crisi pandemica non ha fatto che aggravare ulteriormente la situazione.

*Responsabile progetti economici-ambientali Unimed, già docente di politica economica presso l’Università la Sapienza di Roma

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