Il giudice per le indagini preliminari di Grosseto ha archiviato l’inchiesta sul suicidio di Alberto Dettori, il maresciallo dell’Aeronautica in servizio al radar di Poggio Ballone (Grosseto) la sera del 27 giugno 1980, quando l’aereo di linea Douglas DC-9-15 dell’Itavia, decollato da Bologna e diretto a Palermo, si squarciò in volo all’improvviso e cadde in mare tra Ustica e Ponza: 81 furono le vittime. Il fascicolo era stato aperto dopo un esposto presentato, il 16 dicembre del 2016, dalla famiglia del sottufficiale e dall’associazione antimafie Rita Atria, assistiti dall’avvocato Goffredo D’Antona del foro di Catania. La loro tesi è che il maresciallo sia stato ucciso e non si sarebbe suicidato, “non lo avrebbe mai fatto” , ha sempre sostenuto la figlia Barbara, sottolineano che suo padre “amava troppo la vita e soprattutto la sua famiglia”. Il gip ha accolto la richiesta della procura.
Secondo il gip, Marco Mezzaluna, “sulla base delle risultanze delle indagini minuziosamente riportate dal pm nella sua articolata richiesta”, si ritiene che “il decesso del Dettori sia da attribuire ad un gesto suicidario senza responsabilità alcuna di terze persone”. Per il magistrato “non esistono agli atti elementi che possano anche solo lontanamente portare a ritenere che la morte sia stata dovuta ad un omicidio o comunque ad un intervento di terze persone, cosi come già escluso anche dal Giudice Istruttore che ebbe ad indagare sul disastro di Ustica”. “Verosimilmente – ricostruisce il gip Mezzaluna nelle conclusioni della sua ordinanza – la sera del 27 giugno 1980 il Dettori, che era in servizio a Poggio Ballone, è stato testimone diretto dei fatti che portarono all’abbattimento del DC9 Itavia. Il peso di tale segreto ed il conseguente stress lavorativo nonché la lontananza dalla famiglia nel corso della missione in Francia, devono aver negativamente inciso sul suo già precario equilibrio psichico e lo hanno portato a suicidarsi”. Per questo il gip ha “disposto il rigetto dell’opposizione” presentata dal legale della famiglia Dettori e dell’associazione antimafie Rita Atria, l’avvocato Goffredo D’Antona, e anche, “essendo superflue le ulteriori investigazioni sollecitate, e ha disposto “l’archiviazione del procedimento a carico di ignoti”.
In una nota dell’associazione, diffusa nel giorno della denuncia, tra l’altro, si ricordava che il maresciallo Dettori nei giorni successivi al 27 giugno 1980, chiamò il capitano Mario Ciancarella, radiato dall’Aeronautica nel 1983, dicendogli: “Siamo stati noi”. Sempre secondo l’associazione, Dettori avrebbe detto ai propri familiari: “Sta scoppiando la terza guerra mondiale“, chiudendosi poi nel silenzio assoluto sulla vicenda fino alla sua morte. “La famiglia Dettori e l’associazione antimafie Rita Atria – si legge in una dichiarazione congiunta – continueranno, nonostante tutto e soprattutto alla luce dei nuovi atti processuali, a sostenere il non suicido del Maresciallo Dettori. Continueremo questa battaglia, in tutte le sedi, per la ricerca non della Verità perché questa appare evidente a chi non ha paura di vederla, ma per la Giustizia. L’associazione antimafie Rita Atria e la famiglia Dettori ringraziano chi è stato sempre a loro fianco in questa loro battaglia ed il loro avvocato Goffredo D’Antona”.
Per la famiglia “erano tanti troppi i vuoti investigativi relativi alle indagini su quel ‘suicidio’ al quale i familiari e l’associazione antimafie Rita Atria non hanno mai creduto. Pur nel rispetto della magistratura – si sottolinea nella dichiarazione congiunta – l’associazione antimafie Rita Atria e la famiglia Dettori non possono esimersi dal compiere delle riflessioni ricavabili dalla lettura degli atti. Riteniamo che la delega delle indagini ai carabinieri sia stata quantomeno inopportuna in considerazione del fatto che la prima anomalia di questa vicenda era ascrivibile proprio all’Arma. Una anomalia – si osserva – consistente nella redazione di un atto denunciato e ribadito come falso. Spiace constatare che il pip abbia accolto le risultanze investigative del pm senza una sua propria e autonoma valutazione. In alcun modo sono state evidenziate, men che mai valutate e liquidate come ‘superflue’ le nuove investigazioni richieste dal nostro legale Goffredo D’Antona che erano precise dirette e circostanziate. Ed invero, sempre dagli atti processuali, può evincersi che più soggetti di questa vicenda (non solo i familiari del Dettori) hanno disconosciuto atti fondamentali a loro firma o che li indicavano presenti sui luoghi del ritrovamento del corpo. Emerge pure il paradosso che il corpo del Dettori sarebbe stato trovato da più persone in momenti diversi. Una casualità – si sostiene nella nota – che non viene adeguatamente chiarita e che lascia forti dubbi, ovviamente”.