La Comunità di Madrid rappresenta un’eccezione nel panorama spagnolo. Pur essendo stata la più colpita dalla pandemia, ha cercato di mantenere aperte tutte le attività anche nei momenti di maggiore difficoltà. In bar e ristoranti si può mangiare fino alle 23 con ingressi ridotti al 50 per cento, in cinema e teatri la capienza è estesa al 75 per cento. Questa strategia ha definito il profilo politico della governatrice regionale, Isabel Díaz Ayuso, grande favorita nei sondaggi dopo aver indetto nuove elezioni per il 4 maggio. La parola più utilizzata nei suoi messaggi elettorali è libertad, un concetto che si è inserito nell’eterno dibattito tra sanità ed economia.
L’ultima polemica è emersa nelle scorse settimane. Il centro della capitale ha cominciato a riempirsi di turisti in fuga dalle restrizioni più dure dei loro Paesi (e in particolare si tratta di giovani francesi). L’Istituto nazionale di statistica ha calcolato 35mila arrivi solo nel mese di febbraio. Alla chiusura dei bar, le feste si spostavano dalla strada agli alloggi Airbnb, in alcuni casi sotto consiglio degli stessi gestori dei locali: “A Madrid ce ne sono 30mila, si tratta solo di qualche eccezione”, sostiene José Luis Yzuel, presidente della Confederazione imprenditoriale della ristorazione spagnola. La Polizia Municipale è intervenuta in oltre 3.700 appartamenti e locali da inizio anno a fine marzo.
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(AP Photo/Paul White)
“Siamo all’inizio della quarta ondata”, avverte Angela Hernández, vicesegretaria dell’Amyts, sindacato dei medici madrileni. Madrid è la prima regione per occupazione delle terapie intensive (il 41,5 per cento dei posti letto) e la terza per tasso di contagio, 350 ogni 100mila abitanti (in Italia attualmente è a 160 ed è considerato un valore alto). La tendenza della curva continua a peggiorare: alla fine della prima ondata l’incidenza scese fino ai 9 casi ogni 100mila abitanti nel mese di luglio, 191 per la seconda a gennaio, 218 per la terza a marzo. Con l’aumento delle infezioni i locali sono tornati al centro dell’attenzione, tra chi li considera centri di contagio e chi invece si schiera a favore dell’apertura.
“Chiudere bar e ristoranti non risolve alcun problema sanitario. In Francia i contagi sono esplosi nonostante fossero tutti chiusi”, afferma Yzuel. In nessun’altra regione della Spagna i gestori dei locali hanno lavorato così tanto. Ed è per questo che molti di loro si sono schierati con Ayuso nella campagna elettorale, spesso esponendo la sua foto o dedicandole nuove ricette. Sul suo account Twitter, l’esponente del Partito Popolare ha postato un video interamente dedicato alla gastronomia locale, con alcuni lavoratori del settore che esclamano: “Madrid è libertà”. “Ayuso sta cercando di sintonizzarsi con il clima d’opinione generale, quello che vede la gente stanca della pandemia e vogliosa di normalità” sottolinea Pablo Simón, politologo dell’Universidad Carlos III.
“Nonostante non si sia documentato espressamente quanti sono i contagi che partono dai bar, si sa che c’è molta trasmissione del virus soprattutto all’interno dei locali”, dice invece l’epidemiologo dell’Istituto di salute Carlos III, Fernando García López, che incolpa il sistema di tracciamento. Dall’inizio della pandemia, Madrid ha registrato più morti di qualunque altra Comunità, quasi 15mila, e più casi totali per abitanti, circa 10mila per 100mila. Si trova però al quarto posto tra i morti per abitanti, 220 per 100mila, dato che García López imputa alla mancata registrazione dei deceduti nelle case di riposo durante la prima ondata come morti per Covid. Secondo i dati dell’Ine, la regione ha registrato la più alta eccedenza di morti nel biennio 2019-2020, il 41,5% in più.
L’economia gioca un ruolo fondamentale nella gestione di Ayuso e di conseguenza anche la ristorazione, che apporta il 4,6 per cento del Pil madrileno. La sua importanza si riscontra nel fatturato: nel 2019 ha raggiunto i 16 miliardi di euro, mentre il bilancio regionale si attestava sui 20. Attualmente, un lavoratore su tre è in cassa integrazione, eppure la regione è l’unica a non aver stanziato alcun aiuto diretto per il settore. “I lavoratori nemmeno li hanno reclamati perché alla fine ciò che gli interessa è lavorare”, dice Yzuel. Ma secondo García López, Madrid non può “neanche vantare di aver salvato l’economia, perché non è vero”: il Pil della regione ha sofferto un calo del 10 per cento nel 2020.
Per Hernández, la politica di Ayuso è “uno strano mix tra opposizione politica al governo centrale e i consigli degli esperti sanitari, però con una prevalenza dell’idea di opposizione politica”. Da quando la gestione delle principali restrizioni è in mano alle regioni, Madrid si è differenziata anche nei lockdown, imposti nelle cosiddette “zonas básicas de salud”. Queste non corrispondono a veri e propri quartieri, ma all’area coperta da un determinato centro sanitario. Una divisione che ha creato ulteriore confusione: “La gente non conosce i limiti di una zona e in alcuni luoghi un marciapiede è coperto da una struttura e l’altro da un’altra” è la critica García López. Uno studio condotto da un epidemiologo e un medico ha inoltre dimostrato che il comportamento del virus è rimasto inalterato sia nelle zone confinate che in quelle non sottoposte a lockdown.
“Comunismo o libertà” è stato uno dei primi messaggi condivisi da Ayuso quando ha scelto di sciogliere la Camera regionale per tornare a votare. Con “comunismo” si riferiva soprattutto a Pablo Iglesias, che si è dimesso da vicepresidente del governo per candidarsi con Unidas Podemos a Madrid. Sconfiggere la presidenta sarà però molto difficile: il PP è dato al 40 per cento e potrebbe coalizzarsi con l’estrema destra di Vox, attualmente al 9. E qui la destra, che nel 2019 con José Luis Martínez-Almeida ha riconquistato anche il Comune, governa ininterrottamente da oltre 25 anni.