Quando davanti ai suoi occhi trucidarono dodici membri della sua famiglia – tra cui la madre, Martina Anita, che aspettava un bambino, e la nonna – non aveva neanche sei anni. Proprio sua mamma riuscì a fargli da scudo e a proteggerlo dalla raffica di proiettili dei nazisti. E nonostante quelle tre pallottole che lo colpirono alla schiena e all’anca riuscì a sopravvivere.

Nella notte tra venerdì e sabato Franco Leoni Lautizi, uno dei sopravvissuti alla strage di Marzabotto, è morto a 83 anni a Rimini, città dove viveva da anni e dove aveva lavorato come dipendente comunale. Proprio il Comune della città romagnola dà notizia della sua scomparsa, e lo ricorda come un “testimone instancabile delle pagine più drammatiche della storia del nostro Paese, grazie alla sua attività con l’Associazione nazionale vittime civili di guerra, per anni dipendente del Comune di Rimini”.

Alla fine dell’estate del 1944 Lautizi, che all’epoca aveva sei anni, vide coi suoi occhi la strage compiuta dai nazisti, che in quei giorni sterminarono i civili nelle montagne intorno a Marzabotto sull’Appennino bolognese. “Mi sono sempre chiesta come una persona con alle spalle un trascorso così drammatico e pieno di sofferenza, costretto a vivere sulla sua pelle l’efferatezza della guerra e a vedere coi suoi occhi come l’odio posso spingere l’uomo alle azioni più impensabili, potesse invece essere così dolce, sensibile, serena“, dice la vicesindaca di Rimini Gloria Lisi.

Leoni Lautizi, scrive Repubblica, solo nell’ultimo anno aveva parlato in didattica a distanza a più di 10mila studenti, raccontando la sua esperienza di sopravvissuto, senza mai dimenticare il potere del perdono. “Ho scelto di abbandonare la via dell’odio – erano le sue prime parole quando iniziava a parlare davanti agli studenti -. Ho capito che vivere così è solo una parvenza di vita, perché non sei mai in pace con te stesso. Il perdono ti libera”.

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