Economia

Il conto del Covid in busta paga, 39 miliardi di euro in meno di stipendi. Il calo italiano è il peggiore d’Europa

L'aggiornamento dei dati Eurostat mostra come nel 2020 il valore complessivo degli stipendi italiani sia tornato sui livelli del 2016. Arretramento simile in Spagna, molto più modesto in Germania. Olanda in controtendeza con un monte stipendi in crescita nonostante la pandemia

Lo scorso anno il valore complessivo dei salari italiani è diminuito di 39,2 miliardi di euro, una flessione del 7,5% rispetto al 2019. E’ quello che emerge dalle tabelle dell’istituto europeo di statistica Eurostat appena aggiornate sulle principali componenti del Prodotto interno lordo. Il monte stipendi è sceso da 525,7 miliardi 486,4. Nello stesso periodo in Francia sono stati persi 32 miliardi (da 930 a 898 miliardi) con un declino del 3,4% mentre in Germania la flessione è di soli 13 miliardi su oltre 1.500. Nell’ intera unione europea il calo è stato dell1,9%. In Olanda si è registrato addirittura un aumento.

Unica flessione paragonabile a quella italiana è quella della Spagna con 28 miliardi di stipendi in meno pari a un calo del 6,44% ma con una riduzione più sostanziosa dell’occupazione. In Spagna nell’anno della pandemia si sono persi quasi 600mila occupati a fronte dei 464mila dell’ Italia (dati che non tengono conto delle nuove regole di calcolo secondo le quali chi è in cassa integrazione da oltre tre mesi non è considerato occupato). Il dato sula massa dei salari italiani è inferiore a quello del 2016, azzerando la crescita registrata a partire dal 2015 con la decontribuzione sulle assunzioni introdotta dal governo Renzi. Il calo è stato legato alle restrizioni sulle attività per contenere il contagio da Covid con il crollo dei contratti a termine e il largo uso degli ammortizzatori sociali. I contributi sociali dei datori di lavoro sono diminuiti del 5,2% da 194 miliardi a 184.

I dati Eurostat “rendono evidente il grande impegno che serve per rilanciare il lavoro di qualità e far crescere i salari per favorire la crescita e la ripresa della domanda e dei consumi”, commenta la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti affermando l’importanza per la ripresa degli investimenti pubblici e privati. “I dati sui salari -aggiunge – confermano poi quanto sia importante portare a compimento la stagione dei rinnovi contrattuali ancora aperti, alcuni fermi da anni. Solo partendo dalla centralità del lavoro si può sperare in una crescita sostenibile e giusta”.

“Lo scorso anno – scrive il centro studi della Uil – ha pesato gravemente sul reddito degli italiani la perdita di retribuzione per effetto della pandemia che è stata di circa 39 miliardi di euro, -7,47% il doppio rispetto alla Francia ed oltre 8 volte rispetto alla Germania. Adesso è il momento di progettare la ripresa. Per la Uil la via maestra per sostenerla e consolidarla a lungo termine è quella di dare maggiore potere di acquisto ai lavoratori. Bisogna, quindi, rinnovare nel più breve tempo possibile i contratti nazionali. Parallelamente crediamo sia necessario confermare il blocco dei licenziamenti, senza il quale il dato oggi evidenziato sarebbe ancora più grave”. Secondo la Uil “si deve agire sulla leva fiscale procedendo alla riforma dell’Irpef”, che – prosegue – “pesa per oltre il 90% sulle spalle dei lavoratori dipendenti e dei pensionati”