Questo è almeno il ventesimo libro di Stephen King che leggo. Che noia, direte voi. Che brivido, dico io. Sì, perché nonostante la sterminata quantità di storie e volumi in attivo, il buon caro vecchio King non sbaglia un colpo e regala ancora una volta emozioni. Later, il titolo in questione, è infatti un mix esplosivo tra un bildungsroman e un thriller sull’innocenza rubata all’infanzia, con -ovviamente -una spruzzata di horror, perché – come sottolinea più volte lo stesso narratore- questa è prima di tutto “una storia dell’orrore”. Il protagonista è Jamie Conklin, voce narrante che monopolizza l’attenzione con il suo punto di vista, in un flusso di coscienza pensoso che fa continuamente la spola tra l’azione-reazione dell’adesso e la saggezza posticcia del famoso “senno di poi”, quel “dopo” che è la parola più ricorrente in tutto il racconto. Tutto inizia quando Jamie è ancora un bambino, insolitamente perspicace e con un dono speciale: vede i morti. E parla con loro. Jamie può vedere i defunti solo per un breve periodo dopo la loro morte (una “settimana o giù di lì”), ma la cosa più rilevante per questa storia è un’altra: i morti non possono mentire. Se Jamie fa una domanda, gli spiriti dei defunti non hanno altra scelta che rispondergli con la verità. Lui si premura subito di precisare che la sua abilità “non è come in quel film con Bruce Willis”, Sesto senso, ma le somiglianze sono invece molte. A partire dal contesto: lui è il figlio unico di una madre single lesbica, l’agente letterario Tia Conklin, e il loro legame è fortissimo. Lei è la prima a credere in questo suo “talento” e a riconoscerne le potenzialità. Così, quando in piena crisi economica del 2008, ormai sul lastrico, apprende della morte del suo ormai unico scrittore best-seller, la sua miniera d’oro, convince il figlio a parlare con lui per farsi svelare il finale del romanzo a cui stava lavorando, così da pubblicarlo e racimolare un po’ di soldi. È da qui che Jamie si rende conto che questa abilità può diventare la sua maledizione. E infatti lo diventa. Infarcito con un po’ di sano splatter (vedere le descrizioni dei morti, dal bombarolo suicida al ciclista investito), tanta suspance e continui colpi di scena annunciati, Later scandaglia un’innocenza strappata anzitempo all’età dell’infanzia, trasformando una storia di formazione in un mistero, un’esplorazione sadica e brutale dei veri orrori della vita quotidiana, dai debiti da pagare alla solitudine alla mobilità sociale. Il vero punto di forza di questa storia sono i dialoghi, intensi, precisi, puntuali, che contrappongono sempre Jamie – prima bambino, quindi innocente – al mondo dei grandi personificato dalla madre-eroina. I continui scambi di battute scandiscono il ritmo, la facilità di lettura è data dalla familiarità con lo stile dell’autore che tiene il lettore incollato fino all’ultima riga calibrando come un’alchimista comfort-zone e novità. Voto (ancora una volta): 9.