Politica

Lombardia, la renziana Patrizia Baffi passa a Fdi: in pieno Covid difese Gallera e iniziò l’intesa col centrodestra (poltrone incluse)

L'annuncio della consigliera regionale ufficializza le voci degli ultimi giorni: "Sono una renziana di ferro, quindi chi dovrebbe piangere di più sul mio addio è Matteo Renzi. Non avrei mai fatto la tessera del Pd senza di lui". E' il terzo cambio di casacca dall'elezione al Pirellone

Dai selfie sorridenti con Fontana e Gallera fino all’ultima foto, che l’altro giorno la ritraeva a un banchetto insieme ad altri militanti di Fratelli d’Italia. Tutti sotto la scritta “Giorgia Meloni”, quella che lei, Patrizia Baffi, oggi definisce “una grandissima donna”. Ma per arrivare alla nuova folgorazione Baffi, consigliera regionale della Lombardia ex Pd, ex Italia Viva, da oggi ufficialmente approdata in Fdi, ci ha messo un po’ di tempo. Perché i rapporti con Italia Viva si erano già “annullati da settembre”, come lei stessa ha raccontato venerdì 16 aprile al Giornale, quando non aveva partecipato al voto sulla mozione di sfiducia a Fontana. Da lì, prima di trovare in Fdi il partito con cui vuole “far rialzare la Lombardia”, Baffi ha bussato a tutte le altre porte del centrodestra al Pirellone.

Ha avviato interlocuzioni prima con la Lega, poi con Forza Italia, senza che le sue avance venissero accolte. Anche perché, secondo quanto risulta a ilfattoquotidiano.it, Baffi ambiva alla presidenza di una commissione, tra i suoi desiderata la commissione Sanità. Ambizioni da soddisfare come contropartita per il passaggio di banco, forse un tentativo per rifarsi dall’aver dovuto rinunciare a malincuore a un’altra poltrona, quella di presidente della commissione d’inchiesta regionale sul Covid 19. È la fine di maggio dell’anno scorso, il picco della prima ondata della pandemia è alle spalle da poche settimane e lei viene scelta per quel ruolo. Ma non dai partiti di minoranza in consiglio regionale, a cui lei appartiene e a cui spetterebbe la scelta, bensì dalla maggioranza di centrodestra. Poche ore prima, a Roma, Italia viva si era astenuta in giunta per le Immunità sul voto per mandare a processo Matteo Salvini per il caso Open arms. E, dissero Pd-M5s, “il favore era stato restituito al Pirellone” con l’elezione di Baffi alla guida della commissione. La farsa va avanti per una decina di giorni, le polemiche salgono a livello nazionale tanto che è costretto a intervenire pure Matteo Renzi: “Mi ha chiesto di lasciare, ma resto. Lavoro in una Rsa, so di che parlo”, dice lei. Ma il 5 giugno si dimette, meritandosi i ringraziamenti dello stesso Renzi che twitta: “Patrizia Baffi dimostra che per quelli di Italia Viva la politica si può fare anche senza poltrone. Grazie”. Senza poltrone, forse, ma non senza cambi di casacca. Quella di oggi è la terza indossata da quando Baffi, consigliera comunale di Codogno in provincia di Lodi, nel 2018 entra al Pirellone con il Pd per poi traslocare, nell’ottobre dell’anno successivo, nella neonata Italia Viva.

Ma ancora prima del trambusto in commissione Covid 19, Baffi rompe le righe delle minoranze già a inizio maggio 2020, quando non vota la mozione di sfiducia all’allora assessore al Welfare Giulio Gallera, ritenuto dalle opposizioni responsabile della gestione fallimentare della macchina sanitaria lombarda nei primi mesi di pandemia. “E’ un atto inopportuno sia nel merito che dal punto di vista politico – ritiene lei -. In questo momento in cui la nostra Regione, la più colpita, è ancora in stato di emergenza, sarebbe estremamente pericoloso indebolirne la guida”. Una scelta replicata a settembre, in occasione della prima mozione di sfiducia contro il governatore Fontana: “Presidente, qui le devono delle scuse”, arriva a dire Baffi tra le ovazioni del centrodestra. “La mozione di oggi conferma un metodo d’assalto finalizzato a sollecitare istinti forcaioli che hanno contribuito a creare un clima da anni di piombo”, aggiunge prima di uscire dall’Aula per non partecipare al voto. Come del resto fa anche lo scorso febbraio, quando al Pirellone si vota l’ultima mozione di sfiducia al governatore.

Alla fine, in quel centrodestra con cui è andata a braccetto per mesi, Baffi ci entra ufficialmente. Sarà un caso, ma dal centrodestra veniva pure Niccolò Fraschini, il consigliere comunale di Pavia che della Baffi è stato addetto stampa fino a febbraio 2020, prima di finire sotto accusa per un post in cui si lamentava di come i lombardi venissero “schifati da gente che periodicamente vive in mezzo all’immondizia (napoletani et similia)”. Ora grazie alla Baffi Fratelli d’Italia acquisisce l’unico consigliere tra i suoi banchi che sia stato eletto in prima battuta dai cittadini. Perché i tre consiglieri attuali, Franco Lucente, Federico Romani e Barbara Mazzali, sono i sostituti di altrettanti eletti saliti in giunta. “Con questi colleghi condivido la volontà di dare un contributo per far crescere Fratelli D’Italia – dice Baffi -. Mi pongo in punta di piedi, metto a disposizione il mio percorso e la mia storia”. Una storia di cui Baffi non rinnega nulla neanche oggi: “Sono una renziana di ferro, quindi chi dovrebbe piangere di più sul mio addio è Matteo Renzi. Non avrei mai fatto la tessera del Pd senza di lui, mi convinse Renzi con la sua ‘politica del fare’ che condivido ancora”.

@gigi_gno