di Luca Amorosi, Gianluca Losito e Matteo Maria Munno
Un lunedì strano per il calcio europeo, senza alcuna ombra di dubbio. Nella notte è ufficialmente nata la SuperLega: in sostanza potrebbe essere descritta come la Nba del calcio continentale. Ad aderire i dodici club fondatori, tra cui gli italiani Juventus, Inter e Milan. Nel board anche Andrea Agnelli, vice-presidente della competizione, presieduta dal chiacchieratissimo presidente del Real Madrid Florentino Perez.
Nell’aria ci sono tante idee: il format femminile, il rilancio della disciplina e un affare, per chi aderirà, che potrebbe aggirarsi attorno ai dieci miliardi di euro. Sulla carta sembra una cosa pazzesca: in pratica si gioca di più. C’è un “ma” grande quanto un campo da calcio: è il “ma” dei tanti club europei che invece non sono per niente d’accordo con la nascita di una competizione che ora punta al dialogo con Uefa e Fifa.
Per quanto riguarda i tifosi, invece? Dal divano di Crampi si levano due opinioni: la negazione dell’evento e un’accettazione tra rassegnazione ed analisi ‘fredda’.
Luca Amorosi: “La Superlega è la morte del calcio, senza mezzi termini. Quantomeno del calcio inteso come sport popolare in grado di dare occasioni di riscatto a realtà provinciali che spesso hanno poco altro che la propria squadra per esprimere la loro identità a livello nazionale. Quello dove società con una programmazione seria possono ambire a ritagliarsi, negli anni, un posto in paradiso (la mente va all’Atalanta, ma la storia ci ha offerto altri esempi eccellenti).
Ora, invece, si vuole cancellare il merito sportivo, la progettualità, la forza di idee e competenze per creare una élite chiusa dove gozzovigliano le solite note vacche grasse che si abbuffano al piano superiore lasciando le briciole a chi sta sotto, un po’ come nel film “Il Buco” di Gaztelu-Urrutia. Non bastavano a tali opulenti tiranni del pallone i già sproporzionati privilegi attuali, no: loro vogliono prendersi tutto, anche quella sfera rotonda che dovrebbe essere a portata di chiunque.
Quindici club che per diritto divino accedono a questa cerchia a prescindere da virtù e valori reali, facendo piombare il movimento quasi 150 anni indietro in un sol colpo quando, come narrava egregiamente The English Game, i nobili inglesi si dilettavano in questo gioco emarginando la classe operaia. Buon Medioevo, amato football”.
Gianluca Losito: “La Superlega rappresenta tutto ciò che di più brutale associamo al calcio, fin dai nostri primi contatti col gioco: il ragazzo più grande che ci cacciava dalla squadra del campetto, la squadra patinata di scuola calcio che aveva porte vere e campi in erbetta contro il tuo asfalto e le pietre e le ginocchia sbucciate. Per chi ritiene questa posizione troppo nostalgica e semplicistica, basta farsi un giro sui social e leggere appassionati (o fan, o customers come presto potrebbero essere denominati) che ritengono di fuggire da campi fatiscenti e dimensioni provinciali, per affacciarsi ad una nuova dimensione del calcio.
Le bolle social, per un motivo o per l’altro, si sono espresse tutte contro questa nuova competizione. Ognuno ha un motivo per ripudiarla: chi è cresciuto col calcio locale, chi rimpiange i tempi andati di un calcio appartenente ormai al passato (il quale, ad onor del vero, era già insostenibile all’epoca), chi ama fare self-made scouting o rintracciare nuove tendenze tattiche in squadre minori. Hipster e nostalgici uniti in un unico grido: abbasso la Superlega, viva il calcio.
Tuttavia, le bolle rappresentano orientativamente il 90% del feed social, ma una quantità infinitesimale del pubblico, che è sempre più composto da fruitori casual: il 15enne di Shanghai non ha voglia di scoprire Khvicha Kvaratskhelia, la manager di Seattle non è interessata a Real Sociedad-Alaves. PSG-Bayern come la Caporetto del calcio del XX secolo: è Hollywood che sovrasta il cinema d’autore, la Marvel che decide di far lottare gli Avengers solo tra di loro, in una Civil War che sa tanto di esibizione più che competizione.
Con il rinnovato desiderio causato dalle serrate dell’ultimo anno e mezzo, da settembre il monito dev’essere uno: accettare epicureamente questo nuovo ente calcistico e riscoprire le sensazioni del calcio popolare, dalla Serie C in giù. Sarebbe come usare una pistola ad acqua contro un esercito? Probabile, ma sarebbe quello il vero gesto rivoluzionario.
E voi, da che parte state?