Ci siamo abituati. In Italia le carenze del sistema amministrativo, giudiziario e legislativo vengono riparate dai media. Gabibbi, Iene e Report sembrano offrire una lucidità e un’efficienza di intervento sconosciuta alle istituzioni. Questa specie di quarto grado di giudizio l’ha recentemente offerto con un intervento provvidenziale la coppia Fedez-Ferragni che si è mobilitata a favore della legge Zan insieme a un certo numero di appartenenti allo star system i quali comunque, nel complesso, dovessimo fare il conto dei loro follower, rappresenterebbero un’ampia maggioranza del nostro paese.
La legge Zan, pure in tempo di covid, rappresenta evidentemente una tematica cara a tutti, quella della lotta alle discriminazioni. Se la democrazia funzionasse, ci si aspetterebbe, sul punto, un voto alla Camera e uno al Senato. A quel punto, o la legge passa o non passa. Invece, un traghettatore della legge dalla Camera al Senato, Andrea Ostellari, leghista, presidente della commissione Giustizia, ha momentaneamente sequestrato la legge Zan e l’ha messa in un cassetto, insieme alla democrazia, che risulta momentaneamente sospesa in attesa che le regole democratiche vengano sbloccate da interventi di famosi dentro o fuori dalle loro isole e dai loro programmi.
Si dice che questa legge, la Zan, che punisce l’istigazione di azioni motivate dall’odio e nei confronti di omosessuali e transessuali sia una legge liberticita. I suoi detrattori sostengono che violi la libertà di pensiero e di parola, un diritto fondamentale. Ci si troverebbe quindi apparentemente di fronte a un conflitto su una questione di diritti. La legge a tutela dei diritti si troverebbe in violazione di un altro diritto. Ma è davvero così? Propongo tre riflessioni sul tema.
Prima considerazione. L’argomento suona strano. Risvegliare dai loro sacelli i padri costituenti per fargli difendere il discorso d’odio pare quanto meno inopportuno. Suona di pretesto lontano un miglio. Il diritto sedicente costituzionale a dare del “frocio” a qualcuno, il diritto all’insulto, alla prevaricazione, all’idiozia, contiene un intollerabile ossimoro. Si potrà anche essere legittimati all’insulto, ma l’idiozia rimane sempre idiozia, come l’intolleranza e l’odio. Non proprio cose belle su cui vantare un diritto, ma cose di cui una volta semplicemente ci si vergognava.
Seconda riflessione. Ogni diritto, indipendentemente dalla sua salienza, dalla sua importanza, dalla sua bellezza sociale, possiede dei limiti. Nessun diritto è assoluto, anarchico, ipostatizzato. Nello specifico del diritto di parola, per quanto questo possa sembrare naturalmente esteso oltre ogni immaginabile confine, esistono invece dei suoi naturali limiti. Un esempio: la privacy. In ottemperanza al barocco GDPR, se sono a conoscenza dei dati personali di un soggetto, non li posso divulgare, a pena di sanzioni. Un secondo esempio, i reati di opinione. L’ingiuria, per quanto depenalizzata, la calunnia, la diffamazione, sono comunque limiti che impediscono di dire ciò che si vuole prescindendo dal contenuto, di poter dire senza limiti. L’idea che la legge Zan introduca quindi un intollerabile limite a un diritto sacro e inalienabile, è soltanto un’ingenuità utilizzata a scopo demagogico.
Terzo punto. La legge Mancino. Si tratta di una legge che stabilisce un’aggravante specifica per i reati che siano stati motivati dall’odio. Nella versione del 1975 si trattava dell’odio razziale, etnico o religioso. Anche in questo caso c’è chi ha cercato di vantare il diritto di insultare liberamente. C’è stato chi ha tentato di farla passare come una legge anticostituzionale, ricevendo una risposta definitiva dalla corte costituzionale con una sentenza del 2015 (Cass. Pen. 36906/15). Vi si stabilisce, o si ribadisce un principio importante: la libertà di manifestazione del pensiero e quella di ricerca storica cessano quando travalicano in istigazione alla discriminazione ed alla violenza di tipo razzista. Ciò che non può essere contenuto nella parola, che diventa ferro, diventa spranga, diventa arma, è il germe della violenza contenuto nel nucleo fondante del discorso d’odio.
La proposta di legge Zan non è contro i diritti di nessuno, nemmeno contro quelli di chi è omofobo. Se questo è un diritto, si potrebbe dire, parafrasando Levi.
Le parole chiave della Zan sono propaganda e istigazione. Laddove non vi siano questi ingredienti, che trasformano le opinioni in violenza agita, la libertà di parola rimane garantita. Per gli omofobi, che pensano che sia in corso una campagna “gender” nelle scuole italiane per la diffusione dell’omosessualità, per chi pensa invece che gli omosessuali, poiché non si riproducono, porteranno il genere umano all’estinzione, è una buona notizia. Tutti potranno continuare a pubblicare su Facebook queste e molte altre convinzioni, indipendentemente dal buon senso, anche dopo la promulgazione della Zan, ottenendo certamente i like dagli amici che si meritano.