La data precisa ancora non c’è, ma il periodo è stato scelto: i primi di maggio. Tra poco più di un mese, quindi, le Commissioni Giustizia e Affari costituzionali della Camera inizieranno l’esame della proposta di legge voluta da Forza Italia che istituisce una commissione di inchiesta su “l’uso politico della magistratura”. In pratica, il partito di Silvio Berlusconi, condannato in via definitiva per frode fiscale, vuole indagare su chi indaga. Secondo l’Ansa, la decisione è dell’ufficio di presidenza delle due Commissioni ed è arrivata grazie al voto favorevole dei berlusconiani, di Fratelli d’Italia, della Lega, ma anche dei renziani di Italia Viva e di Azione di Carlo Calenda. Partito democratico, Movimento 5 Stelle e Leu gli unici partiti contrari.
La proposta di legge in questione, che per molti è una sorta di regolamento di conti con i magistrati, è stata firmata – nel 2020 – dai capigruppo del centrodestra Gelmini, Molinari e Lollobrigida; poi ad essa verranno congiunte due altre proposte di legge, una di Fratelli d’Italia ed una della Lega, che propongono una Commissione di inchiesta sul caso Palamara, due pdl che al momento risultano assegnate alla sola Commissione Giustizia. Soddisfatto Emanuele Prisco, capogruppo di Fdi in Commissione Affari costituzionali: “Sono state vinte le resistenze di M5s e sinistra, il Parlamento apre le sue verifiche. L’altro dato politico è che anche sulla Giustizia in maggioranza ci sono visioni opposte. Centrodestra compatto, maggioranza divisa”.
Marco Di Maio, vicecapogruppo di Italia Viva alla Camera, ha spiegato la posizione del suo partito, con distinguo e precisazioni: “Noi non condividiamo i toni e l’impostazione della Gelmini – ha detto il renziano – ma al di là di come è scritta, non vediamo nulla di ostativo al fatto che il Parlamento possa discutere senza timori reverenziali su certi temi. Oltretutto – ha continuato – non stiamo esaminando solo quella proposta di legge, altre verranno congiunte ad essa ed anche si potrà discutere su come definire il perimetro dell’inchiesta. Poi in Commissione si vota ed le singole opinioni emergeranno”. In parte analoga la posizione di Enrico Costa, di Azione, che si è espresso a favore: “Il mio appoggio non riguarda il merito – ha spiegato – il punto è che se dei gruppi parlamentari chiedono la calendarizzazione di una loro proposta, non glielo si può negare. Poi chi non sarà d’accordo voterà contro – ha aggiunto – ma negare la calendarizzazione è inammissibile. Altrimenti si farebbe quello che sta facendo in Senato Ospellari sul ddl Zan sull’omofobia“.
Al netto delle puntualizzazioni, delle questioni di principio, del rispetto per l’autonomia della magistratura e di altre sfaccettature simili, resta il fatto che i partiti di Renzi e Calenda hanno votato con il centrodestra a favore della calendarizzazione della discussione che potrebbe portare alla nascita di un organismo parlamentare che, per dirla semplice, vuole indagare sull’operato dei magistrati. Proprio per questo motivo è stato subito scontro in parlamento tra partiti che sulla carta fanno parte della maggioranza del governo di Mario Draghi. A metà aprile, del resto, favorevoli e contrari alla nascita della commissione non hanno risparmiato attacchi e critiche ai potenziali alleate. La Lega, ad esempio, aveva accusato Pd, Leu e 5 stelle di ostruzionismo: “Spiace che, ancora una volta, non si siano dimostrati collaborativi ma, al contrario, abbiano alzato barricate contro la proposta di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta sugli eventuali condizionamenti incompatibili con l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, nonostante il tema sia di forte rilevanza visti gli ultimi scandali legati alla magistratura“.
Il Partito democratico, da parte sua, aveva fatto notare che “non si è mai vista una commissione di inchiesta parlamentare con il compito di indagare su un altro potere dello Stato. Il Parlamento non può fare un’indagine sul lavoro fatto dalla magistratura in questi anni. A meno che – era il parere di Michele Bordo – Forza Italia, Lega e FdI non vogliano che deputati e senatori rifacciano i processi dell’ultimo ventennio. Tutte le commissioni di inchiesta parlamentare hanno svolto approfondimenti su avvenimenti o fenomeni specifici, ma mai sull’attività svolta da un altro potere dello Stato. Alle forze di centrodestra – aveva concluso – mi permetto di ricordare, sommessamente, che qua siamo in Italia non in Ungheria. Da noi la magistratura è indipendente dal potere politico”.
Pesantissime, del resto, erano state le critiche dal mondo della magistratura. Per Gian Carlo Caselli la proposta è una sorta di “regolamento di conti” che approfitta di un momento molto difficile vissuto dalla giustizia italiana. Contrario all’ipotesi è anche Antonino Di Matteo, pm molto esperto nella lotta a Cosa nostra e consigliere del Csm: “Continuo a credere che la sede istituzionale propria per individuare, sanzionare e prevenire in futuro le gravi patologie del sistema, sia il Consiglio superiore della magistratura. Per mia formazione non sono mai pregiudizialmente contrario alle inchieste e agli approfondimenti in sede parlamentare – aveva sottolineato – purché non diventino terreno di scontro tra fazioni o, ancor peggio, strumento per limitare le prerogative costituzionali di autonomia e indipendenza della magistratura dal potere politico”.