L'allenatore della nazionale italiana maschile di pallanuoto è anche un grande appassionato di calcio. Giudica positivamente la formula ipotizzata nella Superlega e anacronistica l'attuale impostazione della Champions League. Ma avverte che è indispensabile trovare una sintesi tra la nuova competizione e le esigenze dei campionati nazionali. E agli atleti, di ogni disciplina, da un suggerimento: "Studiare migliora anche le prestazioni sul campo"
Sandro Campagna allena la nazionale italiana maschile di pallanuoto dal 2008. Da allenatore ha vinto un argento e un bronzo olimpici e due mondiali. Da giocatore praticamente tutto, compreso l’oro olimpico a Barcellona nel 1992. Oltre a essere il massimo rappresentante di uno sport che ha regalato all’Italia molte medaglie, ma che rimane economicamente povero, è anche un appassionato di calcio e grande tifoso della Juventus. Si racconta che fosse una delle pochissime presenze esterne ammesse agli allenamenti da Antonio Conte quando era ancora bianconero. In questa doppia veste, Ilfattoquotidiano.it gli ha chiesto un’opinione sul progetto di Superlega, naufragato nella versione proposta in questi giorni ma che difficilmente verrà del tutto accantonato. E’ rimasto sorpreso da questa iniziativa?
Non mi ha sconvolto e non mi ha neppure particolarmente stupito, in fondo se ne parlava da tempo e lo sport va in quella direzione. Onestamente non mi è parso un attacco ai campionati nazionali, ma piuttosto all’Uefa e all’attuale modello di Champions League. Una formula che ritengo anacronistica, perché si gioca troppo poco. Bene che vada, un club disputa una decina di partite all’anno. Non basta, c’è l’esigenza di maggiore spettacolarizzazione e globalizzazione delle competizioni e questo vale per qualsiasi sport. Tutte le discipline si stanno muovendo, o si sono già mosse, in questa direzione, dal basket alla stessa pallanuoto. Si cerca di giocare grandi sfide con maggiore frequenza e questo è quello che vogliono i club, che vogliono gli allenatori e che vogliono anche gli appassionati. Certamente per ragioni economiche ma non solo. Anche da tifoso dico che quella della Superlega era un’idea affascinante, che mi piaceva.
Cosa pensa delle dure prese di posizione di molti governi e forze politiche contro l’iniziativa dei 12 club?
L’Uefa è un soggetto istituzionale e, se attaccato, è naturale che riceva il sostegno di altri soggetti istituzionali. Al di là del merito della questione.
La nascita di una competizione cosi elitaria non avrebbe rappresentato un pericolo per lo “sport calcio”?
Non necessariamente. La cosa fondamentale, a mio parere, è di preservare sempre il valore dei campionati nazionali che sono poi i bacini dove nascono e si formano i talenti che finiscono nei grandi club. Per intenderci, sarei stato molto deluso dal vedere una Juventus schierare la squadra tipo il mercoledì e andare in campo la domenica con gli under 23. No, il campionato nazionale non dev’essere sottovalutato, questo è quello che non dovrà mai succedere. Bisognerà trovare una sintesi tra esigenze e aspirazioni economiche dei grandi club e salvaguardia del livello dei tornei nazionali. Non è impossibile.
A proposito di aspirazioni economiche, da uomo che ha dedicato al sua vita allo sport e ai suoi valori, non crede che troppi soldi siano, alla fine, nocivi?
Dipende. Quando nel calcio sono iniziati ad affluire i soldi dei diritti televisivi a beneficiarne di più, in modo probabilmente spropositato, sono stati alcuni giocatori e i loro agenti. E’ anche vero però che, alla fine, la ricchezza si è diffusa a tutto il sistema, comprese le squadre minori. Il problema è che questa ricchezza è stata spesso usata male, ad esempio si investito troppo poco nelle infrastrutture e nei settori giovanili e questo ha finito per produrre un declino del sistema calcio.
A differenza del calcio, o di altri sport “ricchi”, chi pratica la pallanuoto, anche ad altissimo livello, sa che molto probabilmente non potrà vivere di questo. Sa che dovrà costruirsi un domani percorrendo anche altre strade. A livello di crescita personale è forse un vantaggio, all’impegno sportivo si affiancano lo studio o altri percorsi. Si prende il buono dello sport ma non si trascurano altri aspetti che formano l’individuo…
Per questo pretendo che i giocatori della Nazionale siano anche iscritti all’università. E dirò di più, lo studio fa bene anche alla prestazione sportiva. Il cervello va allenato e per farlo il modo migliore è passare tempo sui libri e nelle aule, non certo giocando alla playstation. Certo, in questo il sistema universitario italiano dovrebbe fare qualche sforzo in più e prendere esempio da quello che accade in Gran Bretagna o Stati Uniti dove i percorsi di “dual carrer” sono agevolati in ogni modo e non si mettono invece i bastoni tra le ruote ai ragazzi. Un impegno sportivo di alto livello da a chi lo pratica qualcosa in più anche nel mondo dello studio e del lavoro, le università devono riconoscerlo ed essere un po’ più flessibili sui tempi. Qualcosa si sta muovendo. L’università Bocconi ad esempio ha deciso di non fare pagare le tasse nel primo anno fuori corso a chi è giustificato dalla pratica sportiva di alto livello.
Il mondo della pallanuoto italiana come sta affrontando questo periodo così strano e complicato?
La pallanuoto è una degli sport più colpiti da questa situazione, per diverse ragioni. E’ uno sport dove i contatti sono molto stretti e costanti. Se un’atleta è positivo si ferma tutto. Inoltre le piscine sono quasi tutte chiuse. Pochi impianti restano aperti per la sola attività agonistica. Un campo di calcio non costa nulla, una piscina va riscaldata indipendentemente dal fatto che la usino 20 o 2000 persone. Questo costringe molte squadre dei campionati di serie A2 o B a spostarsi per trovare un posto in cui allenarsi e giocare. Anche il campionato di serie A è stato accorciato ma comunque riusciremo a portarlo a termine. La stessa Champions è stata divisa in “bolle” e ridotta. Tuttavia quello della pallanuoto è un mondo dove esiste una passione enorme che, anche questa volta, mi ha stupito. Nonostante tutto siamo riusciti ad andare avanti. Ma le conseguenze ci saranno. Da un punto di vista tecnico la “botta” arriverà nei prossimi anni quando queste limitazioni su faranno sentire sul percorso di formazione degli atleti più giovani.
E la Nazionale come sta? Il prossimo 23 luglio inizieranno, finalmente, le Olimpiadi di Tokyo….
La Nazionale sta bene. Anche io ho sfruttato la situazione per ritagliarmi le mie “bolle di allenamento”. La squadra è molto allenata, mancano le partite ma questo è un problema comune a tutte le selezioni. Non ci nascondiamo, andiamo in Giappone puntando a una medaglia. I rivali da battere per salire sul podio sono i soliti, le tre slave (Serbia, Croazia, Montenegro), Ungheria e Spagna a cui aggiungo gli Stati Uniti.