Sei paginate su quattro quotidiani, due con richiamo in prima, grandi foto e virgolettati altisonanti scelti come titoli. Roberto Formigoni torna a far parlare di sè. No, non per la questione del vitalizio che l’ex governatore ha riottenuto dal Senato nonostante la condanna definitiva a 5 anni e 10 mesi di reclusione per corruzione. Su tutti i quotidiani di centrodestra a trovare spazio è una versione inedita del politico condannato per tangenti: il Formigoni scrittore. Dopo aver quasi completamente ignorato il caso del vitalizio restituito nonostante la condanna, il Giornale, Libero, La Verità e il Tempo dedicano ampio spazio a Una Storia popolare, libro-intervista autobiografico del “Celeste”, con prefazione del cardinale Camillo Ruini. Un mattone di quasi 500 pagine dove però, come segnala il Giornale “ben poco anzi quasi nulla dei fascicoli processuali o delle vicende di tribunale compare”. Ma come? Quasi nulla? “Scelta – continua il quotidiano di Alessandro Sallusti – che potrà essere considerata discutibile solo da chi avrà l’arroganza di sentenziare con superficialità, senza far la fatica di leggere i densi capitoli che ripercorrendo i sessant’anni di una vicenda personale, raccontano la storia recente del Paese “. Sarà per questo motivo che il quotidiano della famiglia Berlusconi dedica due pagine alla fatica letteraria di Formigoni con un titolo eloquentissimo: “Mani pulite un colpo di Stato. La mia sanità avrebbe resistito meglio al virus”.

Concetto rafforzato pure nell’attacco del pezzo, che è riservato a un virgolettato dell’ex governatore ai domiciliari: “Anzitutto ribadisco la mia assoluta innocenza riguardo alle accuse per cui sono stato condannato nel processo Maugeri”. Poi via col revival della vita del Celeste: “Una strada cominciata con l’educazione alla fede di mamma Doralice e agli insegnamenti di papà Emilio, fascista ma non certo un fucilatore come volle far credere Umberto Bossi in una troppo accesa campagna elettorale. Poi il cursus honorum e la minuziosa ricostruzione di Gioventù studentesca e Comunione e liberazione, scialuppe di salvataggio quando gli insegnanti dispensavano lezioni influenzate ‘da una cultura laicista e marxisteggiante che tendeva a negare uno spazio di dibattito e di confronto alle altre culture, soprattutto a quella cattolica’. Fino ad arrivare al Sessantotto, al passaggio dal Politecnico a Filosofia alla Cattolica e al decisivo incontro con don Giussani”. Quindi ecco Tangentopoli, che il corrotto Formigoni ricorda così: “La magistratura, soprattutto ma non solo attraverso pubblici ministeri con simpatie politiche di sinistra, ebbe il via libera per aprire inchieste contro le forze del pentapartito, mentre il Pci non veniva toccato“. Infine ecco l’incontro col padrone di casa: Silvio Berlusconi. “Se avesse cambiato l’Italia come avrebbe voluto, ora staremmo tutti molto meglio”, sostiene l’uomo che “tra le righe” si lascia sfuggire “la confessione dell’ambizione poco celata di aver pensato di essere la persona giusta per raccogliere la sua eredità”.

La Verità di Maurizio Belpietro, invece, sceglie di mettere in pagina un estratto integrale del libro, optando il passaggio in cui Formigoni sostiene di aver convinto Saddam Hussein a liberare tutti gli occidentali presenti in Iraq all’inizio della guerra del golfo. Più esilarante il Tempo che presenta il libro dell’ex inquilino del Pirellone sostenendo che si tatta di un lavoro “concepito per preservare la memoria di ciò che l’establishment vorrebbe far dimenticare”. Quindi spazio alle avventure del Celeste. Il caso Maugeri? Nossignore. “Così ho venduto il riso ai cinesi”, sostiene l’ex presidente della Lombardia. Pure Libero piazza il suo articolo in prima, ma con un titolo più sobrio: “Le confessioni di Formigoni, trionfi e cadute di un leader“. Molto meno sobrio è il pezzo, affidato alla penna di Renato Farina, l’ex agente Betulla, che per evitare qualsiasi fraintendimento chiarisce subito: “La verità non è mai quella che credevamo di sapere. Vale anche per chi, come il sottoscritto, lo frequenta sin da liceale e ha sempre saputo che l’apparenza del corruttore gaudente, pur fissata da sentenze definitive e da fotografie caraibiche, è una tragica panzana“.

Dopo essersi scoperto giudice di un inesistente processo di quarto grado, Farina intinge la penna nella saliva per magnificare l’opera di Formigoni: “È una mole antonelliana, ha il peso di un blocco di marmo, e portarselo a letto è pericoloso (se ti casca sul petto sei morto), ma si sbocconcella con gusto, ed è pieno di sorprese. Non è un autoritratto a cavallo in pose da Gattamelata, leader solitario dall’inclemente destino, e che cerca una riabilitazione scolpendosi quale martire incompreso, ma è un bassorilievo che si svolge come un nastro, dove è narrata una storia il cui protagonista è una comunità coesa e qualche volta litigante, ma costantemente perseguitata, nata intorno a don Luigi Giussani”. Finito? No, perché Farina continua a raccontare il “bassorilievo” spiegando che la storia di Formigoni “è formidabile. La sua avventura pubblica inizia quando aveva poco più di vent ‘anni, pestato in piazza, prima, poi al comando della più grande e ricca Regione d’Europa per 18 anni, con risultati eccezionali, altro che esperienza criminale”. Betulla non ha dubbi sul fatto che la condanna del Celeste sia ingiusta: “La persecuzione caratterizza molta parte della navigazione del Formiga“. Quindi spazio agli stralci del libro che hanno fatto battere maggiormente il cuore a Farina. Come quando, rispondendo alla domanda sui progetti che ha per il futuro, Formigoni risponde: “Molti! Ma non è il momento di parlarne. Per ora ti dico degli auspici. Innanzitutto che finisca il prima possibile questo regime di detenzione domiciliare. Ma più ancora che venga fuori tutta la verità intorno a ciò per cui sono stato condannato, rendendo evidente che non meritavo alcuna condanna“. Altra domanda: “Se tu oggi potessi parlare con don Giussani, cosa gli diresti?”. Formigoni risponde: “Se potessi parlare con Giussani sarei molto felice, perché vorrebbe dire che sarei in Paradiso con lui. Credo che sarebbe un incontro senza parole. Penso che prima mi inginocchierei davanti a lui e poi lo abbraccerei“. Poi si corregge: “Mi abbraccerebbe lui per primo“.

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