Il settimanale britannico riconosce che l'Italia gode oggi di una maggiore autorevolezza sul piano internazionale ma invita a non farsi troppe illusioni. Un conto è guidare una banca centrale, un altro tirare la terza economia dell'area euro fuori dalle secche. Impietoso il giudizio sui predecessori Conte, Renzi e Berlusconi
Le altissime aspettative dell’Italia e dell’Europa su Mario Draghi sono “comprensibili” ma vanno “moderate”. Lo scrive il settimanale britannico The Economist in un disincantato commento dal titolo “Ci si aspetta troppo da Mario Draghi”. Più che una valutazione sull’operato del presidente del Consiglio è un’analisi dell’atteggiamento degli italiani, già dai tempi di Macchiavelli facili a cedere al “complesso del salvatore” o, detta in altro modo dell’uomo forte in grado da solo a risolver ei problemi del paese.
“Nell’era moderna ha assunto le sembianze prima di Silvio Berlusconi, un cantante da crociere diventato magnate dei media, poi di Matteo Renzi, un giovane riformista che ha promesso più di quanto ha mantenuto e poi è imploso. Ora la salvezza si è presentata nella forma di Mario Draghi, che un politico italiano ha paragonato a Gesù Cristo“, scrive l’Economist che rimarca però come “Dirigere una Banca centrale, se pure una con forti implicazioni politiche come la Bce, non è come guidare un Paese. La Bce ha sempre avuto i poteri necessari per combattere una crisi”
Con Draghi, si legge ancora nel commento, “l’Italia ha una voce più forte in Europa, ma non dovrebbe servire un miracolo per questo. L’Italia è un membro fondatore dell’Ue, terzo Paese più popoloso e la terza economia. Ma prima di Draghi non sempre è stata trattata come meritava”. Questo perché, sostiene ancora l’Economist, era indebolita dalla “giostra di premier che si alternavano” e che spesso “non erano qualificati”. In questo l’Economist riecheggia quanto scritto la scorsa settimana in prima pagina dal New York Times che aveva sottolineato il maggior peso internazionale assunto dall’Italia.
Il settimanale britannico non è tenero con i predecessori di Draghi. “Giuseppe Conte era un oscuro avvocato prima di salire alle più alte sfere della politica europea. Berlusconi – sostiene il settimanale – un pagliaccio evasore fiscale con un debole per i festini. Se ci si confronta con questi livelli di leadership è facile”, si legge. Anche nel panorama europeo i leader si sono “rimpiccioliti”. “Merkel è ormai una figura periferica in vista della sua uscita a settembre”, Macron ha troppi guai interni e elezioni il prossimo anno per occuparsi del “palcoscenico europeo”. E leader delle principali istituzioni europee sono stati scelti “per convenienza piuttosto che per il loro talento”.
Sull’effetto Draghi “c’è una visione ottimista e una pessimista” conclude l’articolo. Nel racconto ottimistico un breve periodo in carica può portare a cambiamenti positivi a lungo termine”, per l’Italia e l’Europa. “Nella visione pessimistica, tuttavia, Draghi offrirà solo una tregua piuttosto che una redenzione”. “Se Draghi avrà successo – conclude l’editoriale – allora un governo stabile e un’integrazione più profonda saranno possibili solo con una figura alla Super Mario, difficile da trovare nella politica italiana. Se fallisce, allora neanche Draghi potrebbe aggiustare l’Italia. Quelli ‘scelti da Dio per la redenzione dell’Italia erano spesso invece rigettati dalla fortuna, scrisse Machiavelli. Coloro che cercano la salvezza oggi possono restare delusi“.