“I libri non resuscitano i morti e non fanno di un idiota un uomo capace di ragionare, né di uno stupido un individuo intelligente. Aguzzano lo spirito, lo destano, lo affinano e appagano la sua sete di conoscenza … Grazie al libro puoi apprendere nello spazio di un mese quello che un’eternità non ti consentirebbe di apprendere dalla labbra di un sapiente e questo senza farti contrarre debiti di sapere. Ti libera dall’imbarazzo, ti solleva dalla necessità di frequentare persone odiose e di avere rapporti con individui stupidi e incapaci di comprendere. Ti obbedisce di giorno come di notte, tanto in viaggio quanto nei periodi in cui sei sedentario. Se cadi in disgrazia, non per questo il libro rinuncia a servirti, se venti contrari soffiano contro di te, non ti si rivolta contro. Accade talvolta che il libro sia superiore al suo autore…”.
Il signor Ruche, il protagonista de Il teorema del pappagallo di Denis Guedj, ricorda alcune righe de Il cadì e la mosca, un testo scritto da un autore persiano del IX secolo. Ruche deve risolvere un enigma. I libri sono i suoi alleati.
In classe, alle medie, ricordo frequentemente questo brano. Lo faccio nella speranza di far capire ai ragazzi che “non devono leggere”. Non posso costringerli a farlo. Sbaglierei ad imporre quel che dovrebbe alleggerire piuttosto che appesantire. Aiutare a volteggiare in alto piuttosto che trascinare a terra.
“Portatemi una lista di tre-quattro libri che avete in casa e poi sceglieremo insieme”, dico all’inizio di ogni anno. Con la speranza di accendere una luce nei loro occhi. Di incuriosirli. Almeno un po’. Il mio esperimento riesce, a volte. Intendo con i ragazzi che non sapevano di avere un alleato nella lettura. Con quelli che si erano tenuti a debita distanza da quella montagna, di altezza variabile, di parole che gli autori avevano messo insieme. Quasi avessero voluto infliggere una punizione a chi li avesse letti. Anche se non é cosi, nella realtà.
Quest’anno è andata abbastanza bene. Flavio e Giovanni, insieme a Giada e Vittoria, di terza, hanno scoperto la lettura. Hanno iniziato con sospetto, ma poi hanno scelto di entrarci. Senza paura. Anzi, per non averne più. Hanno solo tredici anni ma la vita già gli si è presentata. Prepotentemente. Attraverso separazioni dolorose dei loro genitori, troppo attenti alle loro vite per preoccuparsi di quelle dei figli. Solitudini subite ma non metabolizzate. Perdite improvvise. La lettura è diventata un rifugio per loro. Una carezza.
Anche Giovanni, in prima, ha scelto di leggere. Come Arianna, anche lei in prima. Che mi ha stupito. Facendomi felice. “Professore, le parole che non capisco posso chiedergliele?” mi sono sentito dire qualche settimana fa. Così l’ho rassicurato. L’ho convinto a scrivere su un quaderno tutte le parole che non sa. Io penserò a spiegarle cosa significano. Arianna è molto timida. Spero che i libri la aiutino a vedere con altri occhi anche il mondo che lo circonda. Acquisisca fiducia in sé e negli altri.
Intanto continuo a far leggere in classe. Quest’anno abbiamo scelto Marcovaldo di Calvino. Mi piacerebbe che quelle storie brevi li attraessero. Anche per l’ironia. Così ci fermiamo su alcune parti. Addirittura su alcune espressioni. Cerchiamo di arrivare agli stati d’animo. Alle sensazioni. Ci sforziamo di andare al di là della storia. Riflettiamo, insieme. Ma scherziamo anche. Cerchiamo di divertirci. Leggendo. Perché le pagine di un libro possono essere un amico. Silenzioso, certo, ma anche discreto. “Aguzzano lo spirito, lo destano, lo affinano e appagano la sua sete di conoscenza…”.
Festeggiamo i libri tutti i giorni, di tutti gli anni. Non solo oggi, giornata mondiale del libro.