L'autorità ha inviato un "avvertimento" all'esecutivo, contestando sia la cornice normativa in cui è stato previsto il certificato che l'effettiva gestione pratica dei dati necessari ai cittadini per produrre i documenti. Dibattito, sul fronte scientifico, sulla durata "ottimale" della certificazione per chi è vaccinato. Clementi: "Sei mesi potrebbero essere pochi"
Da un lato “gravi criticità” che potrebbero inficiarne la validità. Dall’altro i dubbi della comunità scientifica sulle incongruenze che potrebbero escludere alcuni segmenti della popolazione dalla certificazione: è tutta in salita la strada italiana per la creazione di un green pass per permettere ai cittadini l’accesso agli eventi e la circolazione tra regioni di diverso colore. E’ notizia del pomeriggio l’invio, da parte del Garante per la Privacy di un avvertimento formale al governo in cui si chiede di porre rimedio alle criticità ravvisate nell’ultimo decreto. “La norma appena approvata per la creazione e la gestione delle certificazioni verdì, i cosiddetti pass vaccinali – si legge – presenta criticità tali da inficiare, se non opportunamente modificata, la validità e il funzionamento del sistema previsto per la riapertura degli spostamenti durante la pandemia. È quindi necessario un intervento urgente a tutela dei diritti e delle libertà delle persone”. Questa l’indicazione del Garante nel testo appena trasmesso a tutti i ministeri e agli altri soggetti coinvolti. Il provvedimento è stato inviato anche al Presidente del Consiglio dei ministri, per le valutazioni di competenza.
Il Garante osserva innanzitutto che il cosiddetto “decreto riaperture” non garantisce una base normativa idonea per l’introduzione e l’utilizzo dei certificati verdi su scala nazionale, ed è gravemente incompleto in materia di protezione dei dati, privo di una valutazione dei possibili rischi su larga scala per i diritti e le libertà personali. In contrasto con quanto previsto dal Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali, il decreto non definisce con precisione le finalità per il trattamento dei dati sulla salute degli italiani, lasciando spazio a molteplici e imprevedibili utilizzi futuri, in potenziale disallineamento anche con analoghe iniziative europee. Non viene specificato chi è il titolare del trattamento dei dati, in violazione del principio di trasparenza, rendendo così difficile se non impossibile l’esercizio dei diritti degli interessati: ad esempio, in caso di informazioni non corrette contenute nelle certificazioni verdi.
La norma, sottolinea ancora il Garante, prevederebbe inoltre un utilizzo eccessivo di dati sui certificati da esibire in caso di controllo, in violazione del principio di minimizzazione. Per garantire, ad esempio, la validità temporale della certificazione, sarebbe stato sufficiente prevedere un modulo che riportasse la sola data di scadenza del green pass, invece che utilizzare modelli differenti per chi si è precedentemente ammalato di Covid o ha effettuato la vaccinazione. Il sistema attualmente proposto, soprattutto nella fase transitoria, rischia, tra l’altro, di contenere dati inesatti o non aggiornati con gravi effetti sulla libertà di spostamento individuale. Non sono infine previsti tempi di conservazione dei dati né misure adeguate per garantire la loro integrità e riservatezza.
Proprio sulla validità temporale si innestano, del resto, anche i dubbi di una parte della comunità scientifica. Questa ad esempio la visione del virologo Massimo Clementi riguardo all’ipotesi del limite che, ad oggi, dovrebbe essere fissato in sei mesi. “C’è una variabilità individuale notevole. In alcune persone il decremento degli anticorpi circolanti è più rapido, ma ciò non vuol dire necessariamente che in presenza di un antigene virale non ci sia una risposta secondaria, anzi spesso c’è – ha detto all’Adnkronos – Questa variabilità individuale può far sorgere dei problemi nel tempo. Però 6 mesi mi sembra poco. Gli studi indicano un lasso di tempo più lungo” per il quale è stata verificata l’immunità dei vaccinati. Di contro, al di là della effettiva presenza degli anticorpi, il rischio è che alcune categorie di persone, pur essendo state vaccinate all’inizio della campagna, si trovino paradossalmente escluse dai benefici del pass. Si pensi, ad esempio, proprio ai medici, vaccinati in grande quantità tra gennaio e febbraio. Se, davvero, il limite temporale venisse mantenuto a 180 giorni, per molti di loro il certificato sarebbe di fatto scaduto entro il mese di agosto.
Intanto, sul fronte europeo, si è svolto oggi, in videoconferenza, il G7 dei ministri della Salute. Tra i temi in agenda proprio il progetto di green pass per consentire gli spostamenti legati al turismo. Durante il confronto, il ministro Speranza ha sottolineato “l’importanza della cooperazione internazionale e del coordinamento tra Paesi sulle misure di contrasto alla pandemia da Covid-19”. Tra queste proprio il green pass viene considerato “strumento importante per tornare a spostarsi in sicurezza”.