Una quindicina di libri tra raccolte di racconti e romanzi venduti in oltre 20 milioni di copie, sette film (cinque “ortodossi” e due più tardi), riduzioni televisive in due continenti, una serie radiofonica per la Bbc e perfino la pubblicazione di storie a fumetti. Tutto ciò, in estrema sintesi, è la storia del fenomeno Don Camillo e Peppone, personaggi frutto della fantasia del giornalista e scrittore Giovanni Guareschi, che prese il via già nel 1948 quando i due blocchi – quello atlantico sostenuto dagli Stati Uniti e quello comunista legato all’Urss – si fronteggiavano un po’ ovunque. Compreso Brescello, piccolo paese della Bassa Reggiana, vicino al Po, dove al sindaco comunista (Giuseppe Bottazzi detto Peppone) si opponeva (ma fino a un certo punto) il parroco, Don Camillo: anche se si trattava di un microcosmo, il confronto tra i due personaggi “di peso” fotografava la società rurale italiana del Dopoguerra, genuina, popolare e dove il rispetto per la persona veniva prima di ogni altra cosa.
E fu grazie alla magia del cinema, allora in bianco e nero, che tra il 1952 e il 1965 le avventure di Don Camillo e Peppone diventarono quelle in cui finì per specchiarsi un intero Paese e buona parte della nazione appena uscita dalla guerra e intenta a ricostruirsi.
Legati a questo fenomeno tutto italiano, quest’anno si intrecciano ben quattro anniversari: è del settembre di 70 anni fa, infatti, il ciak d’esordio di Don Camillo, il primo dei cinque fortunati film prodotti dalla Cineriz, che videro come protagonista la coppia che presto sarebbe diventata incredibilmente affiatata: da una parte il bolognese Gino Cervi e dall’altra Fernandel (al secolo Fernand-Joseph-Désiré Contandin) attore francese di Marsiglia; ma in questo 2021 ricorrono anche i 60 anni trascorsi dall’uscita di Don Camillo monsignore ma non troppo, il quarto film della saga, così come i 50 anni dalla scomparsa di Fernandel (morì a Parigi il 26 febbraio 1971) e i 120 anni dalla nascita di Gino Cervi (3 maggio 1901).
Per avere idea di cosa significò nel 1951 quel primo ciak per Don Camillo (settima pellicola più vista di sempre in Italia e che al cinema incassò un miliardo e mezzo di lire), vale la pena leggere Il vero volto di don Camillo. Vita & storie di Fernandel, di Fulvio Fulvi (Ares, 2015), dove a quel mitico 6 settembre 1951 è dedicato il capitolo che ricrea l’atmosfera di un intero paese in fibrillazione per le riprese del film.
Altrimenti si possono leggere le divertenti e particolareggiate cronache locali della Gazzetta di Reggio del settembre 1951, da cui traspare che la novità del set cinematografico si rivelò una piccola, ma intensa rivoluzione nelle abitudini del centro rurale reggiano, dove la gente fino a quel momento praticamente si capiva solo se parlava il dialetto mentre invece era chiamata a coadiuvare in ogni modo quell’impresa che vedeva protagonisti attori di caratura internazionale, a cominciare proprio da Fernandel fortemente voluto dal regista Julien Duvivier, francese come lui. In questo caso, i ritagli dei giornali d’epoca, gli approfondimenti e le curiosità abbondano sull’attivissimo sito web www.ilmondodidoncamillo.it (la cui pagina Facebook conta 75mila followers cui ne vanno aggiunti oltre 15mila su Instagram) al quale è collegato anche uno shop-on-line in cui si trova ogni tipo di gadget legato alla saga cinematografica; ma non basta: il responsabile del sito è membro anche in Incia Brixellum, associazione culturale che si sta dando da fare per proporre all’amministrazione comunale del paese una particolare iniziativa per celebrare l’anniversario top di Don Camillo, ovvero la realizzazione di un murales nella facciata dell’ex scuola materna Soliani-Scutellari di Brescello, a due passi da quella che, nel film, fu l’abitazione del sacerdote protagonista.
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In una facciata di 6 metri per 8, l’opera sarebbe realizzata da Emeid, writer di origini tedesche, ma che ormai vive e lavora a Ortona, in Abruzzo, e che ha progettato di riprodurre sul muro i volti di Don Camillo e Peppone. Il murales dovrebbe essere realizzato nella settimana dal 6 al 12 settembre, proprio in concomitanza con i giorni di inizio riprese nel 1951, e dei costi se ne farebbe completo carico proprio l’associazione. Presto vedremo se il progetto vedrà la luce.
“Oltre all’iniziativa del murales – dice Elena Benassi, sindaca di Brescello – stiamo valutando la fattibilità di altre iniziative collegate a tutti e quattro gli anniversari che cadono in quest’anno. A fronte di tante ricorrenze, infatti, abbiamo ricevuto varie proposte: ad esempio una mostra dedicata a Bruno Avesani, pittore e scultore veronese, nonché curatore degli arredi e delle scene del film. Fu lui a disegnare e far realizzare in 15 giorni il Cristo ligneo che nei film della serie dialogava con Don Camillo e che ancora oggi si può ammirare nella chiesa di Brescello. Ulteriori idee riguardano altre possibili mostre e un ciclo di conferenze. Purtroppo, come si può intuire, l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo da più di un anno ha notevolmente rallentato la preparazione del programma di appuntamenti, ma non ci ha fatto cambiare idea sulla volontà di ricordare i 70 anni trascorsi dal primo ciak”.
Nel piccolo paese emiliano, infine, hanno sede sia il Museo Peppone e Don Camillo – con tante foto di backstage della saga cinematografica e numerosissimi cimeli, compreso il carrarmato americano protagonista di alcune scene nel terzo film della serie, ma che è chiuso dallo scorso 20 novembre per le restrizioni dovute alla pandemia -, sia la Fondazione Paese di Don Camillo e Peppone, dal 2009 incaricata della promozione dei luoghi dei set cinematografici per i film ispirati ai racconti di Giovanni Guareschi. Per entrambi il momento è difficile, ma il sindaco Benassi e i suoi concittadini sono ottimisti, convinti che il fenomeno Don Camillo e Peppone tornerà a essere presto quel volano d’attrazione che da 70 anni costituisce il successo di Brescello, il paese dove “accadono cose che non succedono in nessun’altra parte del mondo”.