Secondo il primo cittadino di Napoli, De Magistris, i criteri usati dalla Ue per decidere quanti soldi spettavano a ogni Paese andavano applicati anche tra regioni della Penisola. La ministra Carfagna cerca di chiudere le polemiche: "Tra 2021 e 2026 il Pil crescerà del Sud del 22,4% rispetto al valore del 2020. Al Centro Nord solo del 13,2%
Domenica 25 aprile saranno in piazza a Napoli. Per lamentare che le risorse del Recovery fund destinate all’Italia sono state ripartite in maniera iniqua con il risultato di trasferire al Nord 60 miliardi che sarebbero spettati al Sud. E’ l’ultima iniziativa dei 500 sindaci del Mezzogiorno, tra cui i primi cittadini di Napoli Luigi De Magistris e di Palermo Leoluca Orlando, che nelle scorse settimane avevano anche scritto alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen chiedendo un “vincolo di destinazione” per le risorse che spetteranno all’Italia.
Ma come nasce il calcolo del presunto “scippo”? De Magistris ha spiegato che “da Bruxelles era venuta una chiara indicazione sui criteri di distribuzione delle risorse basati su Pil, popolazione e disoccupazione“. Criteri pensati però per decidere la ripartizione dei 750 miliardi del Recovery tra i diversi Paesi Ue, non al loro interno. Poco importa: secondo i sindaci del Sud avrebbero dovuto essere applicati anche per stabilire quanti soldi andranno alle diverse zone del Paese. E, in base a quei parametri, al Mezzogiorno ne sarebbe spettato il 70%, circa 140 miliardi. Invece, continua De Magistris, “il governo Draghi, sotto la spinta di una componente fortemente settentrionale, rivede i criteri assegnando al Mezzogiorno solo il 40% dei 200 miliardi del Recovery”, come annunciato nei giorni scorsi dalla ministra Mara Carfagna. Sono circa 80 miliardi: 60 in meno, dunque.
Va detto che la ripartizione prevista dall’ultima bozza del Pnrr di Draghi non sembra discostarsi da quella prevista nel piano presentato a gennaio dal governo Conte: la Carfagna ha spiegato in audizione che “il Sud intercetta il 50% degli investimenti“, la stessa cifra stimata dall’ex premier. La percentuale del 40% stimata per la totalità dei progetti è inoltre più alta rispetto al 34% di investimenti nel Mezzogiorno previsto come quota minima per la spesa ordinaria.
Il ministero del Sud, rielaborando dati del Mef, ha stimato che il Pil del Mezzogiorno crescerà nel quinquennio 2021-2026 del 22,4% rispetto al valore del 2020, mentre l’impatto del Pnrr sulla crescita del Pil nazionale nell’arco dei 5 anni sarebbe del 15,3%. Per il Centro-Nord si fermerebbe al 13,2%. Così, se oggi il Pil del Mezzogiorno rappresenta il 22,7% di quello nazionale, nel 2026 se le misure del Piano saranno pienamente applicate dovrebbe salire al 24,1% del Pil nazionale. La ministra si è detta convinta che “le tabelle sul Pil chiudano ogni polemica sulla quantificazione e la qualità degli interventi, che non solo sono percentualmente rilevanti (40% del totale, tra l’altro incrementabile), ma sono anche finalizzati in modo da realizzare un’inversione di tendenza che i cittadini meridionali attendono e invocano da anni”.