Ridurre al massimo le regole più restrittive rispetto alle direttive europee, semplificare i controlli, velocizzare le valutazioni di impatto ambientale, ridurre la documentazione necessaria per accedere al Superbonus. Per spianare la strada agli investimenti e consentire il rimbalzo del pil dopo il crollo causato dal Covid, il Recovery plan del governo Draghi mette in campo una serie di riforme mirate a liberare l’iniziativa economica frenata da quello che viene considerato un eccesso di lacci e lacciuoli. E il primo a farne le spese sarà il Codice appalti, la cui “complessità” secondo la versione finale del documento approdato ieri sera in consiglio dei ministri “ha causato diverse difficoltà attuative“: la scelta è quella di limitarsi a recepire le norme delle tre direttive Ue in materia, come proposto dall’Antitrust suscitando gli strali dell’Anac, e integrarle solo nelle parti non direttamente applicative. Ma, in attesa della legge delega di riforma complessiva da approvare entro fine anno, già la prima settimana di maggio sarà varato un decreto legge per rafforzare le semplificazioni adottate lo scorso luglio dal governo Conte e prorogarle fino al 2023. In parallelo è in arrivo una speciale Via statale per le opere inserite nel Piano di ripresa e resilienza: all’attuale ritmo di rilascio delle autorizzazioni sarebbero necessari 100 anni per raggiungere i target di produzione di energia da fotovoltaico.

Il tutto, nei progetti di palazzo Chigi, andrà accompagnato da una riforma trasversale che passa attraverso la digitalizzazione e il rafforzamento della capacità amministrativa delle pa che aggiudicano gli appalti: senza competenze e strumenti adeguati i lavori finiscono per non partire anche perché le gare sono scritte male e si prestano ricorsi. Non a caso la qualificazione delle stazioni appaltanti e la riduzione del loro numero, attese da anni, sono citate tra le misure urgenti da realizzare quanto prima. Su questo le norme ci sono già, ma sono rimaste lettera morta.

La proroga delle semplificazioni di Conte – Continuerà a valere la limitazione della responsabilità per danno erariale ai soli casi di dolo, con l’eccezione dei casi in cui il funzionario omette di firmare un atto: novità che puntava a rendere più rischioso il “non fare”, come aveva spiegato il precedente esecutivo non senza critiche da parte della Corte dei Conti. Sarà poi confermata fino al 2023 anche la velocizzazione del rilascio delle verifiche antimafia: su questo punto il decreto Semplificazioni prevede che le stazioni appaltanti possano stipulare contratti con le aziende in possesso di una “informativa liberatoria provvisoria” che viene rilasciata dopo la consultazione della Banca Dati nazionale unica della documentazione antimafia e eventuali altre banche dati disponibili, senza attendere ulteriori verifiche. “Promosse” anche le norme sulla conferenza dei servizi veloce, sul termine massimo per l’aggiudicazione dei contratti e sul collegio consultivo tecnico incaricato di risolvere le controversie sulle opere pubbliche senza arrivare in tribunale.

In parallelo il governo Draghi intende portare avanti altre misure urgenti che non richiedono provvedimenti di legge perché sono già previste, ma rimangono lettera morta: innanzitutto la qualificazione delle stazioni appaltanti e la riduzione del loro numero, attese da anni. Poi la partenza della Cabina di regia per il coordinamento della contrattualistica pubblica presso la presidenza del Consiglio, il potenziamento del database di tutti i contratti tenuto dall’Autorità
nazionale anticorruzione e la digitalizzazione delle procedure dei centri di committenza.

Sugli appalti saranno applicate direttamente le direttive Ue – Entro fine anno dovrà essere incardinata, con la presentazione della legge delega, anche la riforma strutturale del Codice. Il Piano elenca i 19 criteri a cui sarà ispirata: il primo è la “drastica riduzione e razionalizzazione delle norme in materia di appalti pubblici e concessioni”. Tutto il resto è conseguente: innanzitutto il recepimento delle direttive europee integrate “esclusivamente là dove non immediatamente esecutive”, con conseguente revisione della disciplina del subappalto (i limiti sono stati innalzati dal 30 al 40% con il decreto Semplificazioni ma le norme Ue non li prevedono), riduzione degli oneri a carico di partecipa alle gare, definizione dei casi in cui si può ricorrere alla disciplina negoziata senza bando. E una serie di novità che dovrebbero aprire il mercato e favorire la concorrenza: dal divieto del rinnovo automatico dei contratti di concessione alla “precisazione delle cause che giustificano la stipulazione di contratti segretati”. Ma si cita anche la regolazione dei casi in cui le stazioni appaltanti possono aggiudicare la gara al massimo ribasso, cosa che il nuovo Codice appalti non prevede più perché privilegia l‘offerta economicamente più vantaggiosa in base a qualità e prezzo.

Valutazione ambientale veloce per i progetti del Recovery – Il capitolo semplificazioni si completa con gli interventi sulla valutazione di impatto ambientale: le norme in vigore, si legge nel piano, “prevedono procedure di durata troppo lunga e ostacolano la realizzazione di infrastrutture e di altri interventi sul territorio”. Quindi? Posto che le Via sono “indispensabili”, ma hanno tempi medi di oltre due anni con punte di 6, la scelta è quella di creare una corsia riservata per le opere del Piano, “demandando a un’apposita Commissione lo svolgimento delle valutazioni in questione attraverso modalità accelerate”. Sarà poi ampliata la portata del Provvedimento unico in materia ambientale, che già in base a un decreto legislativo del 2017 dovrebbe sostituire gli altri atti autorizzatori. Sullo sfondo c’è il rafforzamento del nuovo Ministero della transizione ecologica: avergli attribuito le competenze in materia di energia consente di unificare la disciplina dei procedimenti di autorizzazione degli impianti.

Iter semplificato per il Superbonus: basterà la comunicazione di inizio lavori – L’altro dossier pesante ruota intorno al Superbonus 110%, che il Tesoro si è impegnato a prorogare al 2023 con la prossima manovra. Finora i lavori sono stati ostacolati da un iter autorizzativo estremamente farraginoso, spiega il Piano: ci sono attese fino a sei mesi per l’accesso agli archivi edilizi e un altro nodo è rappresentato dalla “presenza diffusa di piccole irregolarità presenti in particolare negli edifici risalenti” che rende difficile ottenere gli attestati di conformità. L’intenzione del governo è approvare entro maggio un regime edilizio semplificato: tutti gli interventi, a eccezione di quelli che prevedono demolizione e ricostruzione, verranno trattati come una manutenzione straordinaria e saranno realizzabili con una Comunicazione d’inizio lavori asseverata. Significa che non servirà la Scia, oggi necessaria per gli interventi che interessano le parti strutturali dell’edificio.

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