“Dopo l’ennesima tragedia occorsa nel Mediterraneo giovedì scorso, crediamo indispensabile chiederle un incontro urgente”. Le ong impegnate nel soccorso dei migranti nel mar Mediterraneo hanno deciso di rivolgersi direttamente al presidente del Consiglio Mario Draghi per chiedere un colloquio dopo che, pochi giorni fa, c’è stato un altro naufragio con almeno 100 vittime. La lettera, pubblicata da Repubblica, è firmata da Alarm Phone, Emergency, Medici Senza Frontiere, Mediterranea, Open Arms, ResQ-People saving People, Sea Watch e Sos Mediterranee. “Ogni volta che si ripete un naufragio speriamo che sia l’ultimo. Anche la tragedia di questi giorni poteva molto probabilmente essere evitata”. Secondo le organizzazioni, è urgente l’intervento dell’esecutivo italiano per arrivare a una soluzione che da troppo tempo viene rimandata. “Signor Presidente”, si legge, “le chiediamo un incontro in cui discutere quali iniziative concrete possano essere assunte dal suo governo, coinvolgendo l’Europa, per garantire interventi coordinati e tempestivi di soccorso, affinché salvare vite umane torni ad essere una priorità e inaccettabili tragedie come i naufragi di questi giorni non si ripetano mai più”.

Le ong ritornano, nel corso della lettera, sulla tragedia della scorsa settimana. “Nelle oltre 24 ore trascorse tra la prima segnalazione di Alarm Phone e il consumarsi della tragedia, la Ocean Viking ha atteso un intervento delle autorità marittime che coordinasse le operazioni, ma nonostante le autorità italiane, libiche e maltesi fossero tenute costantemente informate, questo coordinamento non c’è stato, o almeno non ha coinvolto l’unica nave di soccorso presente in quel momento. Che questa mancanza sia stata fatale è sotto gli occhi di tutti: oltre cento persone hanno perso la vita“.

Una tragedia che è solo l’ennesima di una lunga serie. “Questa, Presidente, è la realtà del Mediterraneo”, scrivono ancora le ong. “Dal 2014, più di 20.000 uomini, donne e bambini sono morti o scomparsi nel Mediterraneo centrale, che conferma il suo triste primato di rotta migratoria più letale al mondo. Nessuno degli accordi e provvedimenti adottati dagli Stati, dopo la fine dell’operazione Mare Nostrum, è mai riuscito a far diminuire il tasso di mortalità. Da allora le ONG hanno cercato di colmare il vuoto lasciato dagli Stati, ma in assenza di un coordinamento centralizzato, tempestivo e coerente di ricerca e soccorso, tragedie come quelle di giovedì scorso sono le conseguenze da portare collettivamente sulla coscienza”.

Nel corso degli ultimi anni, proprio le posizioni dei governi sono cambiate e in primis quella dell’Italia. “Per alcuni anni, l’intervento delle navi di soccorso civile è stato accolto con riconoscenza dalle autorità italiane ed europee, con le quali abbiamo collaborato in modo continuativo ed efficace per ridurre la mortalità nel Mediterraneo. Poi le cose sono cambiate: i governi hanno ritirato le loro navi e cessato di coordinare i soccorsi. Le persone, invece che essere soccorse e condotte in un porto sicuro, come vorrebbe la normativa marittima internazionale, hanno iniziato ad essere riportate dalle autorità libiche in Libia, dove sono vittime di detenzioni arbitrarie, violenze e abusi di ogni genere ampiamente documentati. Contestualmente, le ONG sono diventate oggetto di una feroce campagna di delegittimizzazione e criminalizzazione”. Ma, concludono, “come ribadito dalla stessa Commissaria europea Von Der Leyen, “il soccorso in mare non è un optional”, bensì un preciso obbligo degli Stati, un obbligo giuridico, quindi, oltre che morale. Come ONG siamo in mare a colmare un vuoto, ma saremmo pronte a farci da parte se l’Europa istituisse un efficace meccanismo istituzionale e coordinato di ricerca e soccorso che abbia come scopo primario quello di soccorrere persone in mare”.

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