Li ha chiamati “traditori dello Stato“. Così il procuratore di Piacenza, Grazia Pradella, ha definito i carabinieri imputati per i fatti della caserma Levante, al termine della requisitoria della pubblica accusa nel processo in rito abbreviato, che consente lo sconto di un terzo della pena. La procura ha concluso chiedendo la condanna a 16 anni, 1 mese e 10 giorni per Giuseppe Montella, appuntato considerato il leader dei militari arrestati la scorsa estate per reati come tortura, spaccio, estorsione. E poi 14 anni, 5 mesi e 10 giorni chiesti per Salvatore Cappellano, 13 anni per Giacomo Falanga, 7 anni e 8 mesi per Davide Spagnolo e 5 anni per Marco Orlando, ex comandante di stazione.

In un’aula di Piacenza Expo, trasformata in tribunale per rispettare le norme anti Covid, davanti al gup Fiammetta Modica, è stato quindi il procuratore capo a concludere la requisitoria pronunciata dai pm Antonio Colonna e Matteo Centini. La pubblica accusa ha parlato di “fatti di eccezionale gravità“, che hanno coinvolto “un’intera caserma”. Fatti che “offendono i carabinieri che lavorano in silenzio e con spirito servizio. Da loro dipende la nostra sicurezza come magistrati e per questo abbiamo mostrato la nostra emozione”, ha detto il procuratore capo. I carabinieri furono arrestati lo scorso luglio e sono alla sbarra per una serie di reati, dallo spaccio di droga al reato di falso, dalle lesioni alla tortura. L’operazione aveva portato, per la prima volta in Italia, al sequestro di una caserma.

Durante la scorsa udienza i pm hanno impiegato ben sei ore per ricostruire tutte le accuse ai militari. “Tutti sapevano, è inutile scaricare la responsabilità su Giuseppe Montella. Servitori dello Stato accecati dall’arroganza di chi si crede al di sopra delle regole”, li aveva definiti nella scorsa udienza, capaci di tenere in piedi – almeno dall’ottobre 2018 e fino a poco prima degli arresti nel luglio scorso – “un sistema parallelo fatto di menzogne, di sequestri di droga rivenduta attraverso pusher di fiducia a cui offrivano protezione, di pestaggi tali da configurare i reati di lesioni e tortura“. Il pm Centini ha sottolineaco che “c’è gente che indossa la divisa con onore e per questo leggere questi fatti é motivo di umiliazione e vergogna. Dedico il mio intervento a queste donne e a questi uomini valorosi”. Il rappresentante dell’accusa cita la sua esperienza nella Dda di Reggio Calabria e ricorda con emozione i carabinieri che rischiano la vita e non si risparmiano lavorando oltre l’orario, feste comprese.

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