I rispettivi piani saranno presentati in una conferenza stampa congiunta dai due ministri dell'Economia Bruno Le Maire ed Olaf Scholz che su Twitter scrive "romba il motore franco-tedesco". Ma sulla gestione del post pandemia europeo Parigi e Berlino hanno idee diverse. Sostegno alla proposta statunitense si introdurre un'aliquota minima globale sui profitti realizzati all'estero dalle multinazionali
Francia e Germania hanno presentato insieme alla stampa i loro piani di rilancio. Ad illustrare i rispettivi piani sono stati i due ministri dell’Economia e quindi Bruno Le Maire per la Francia e Olaf Scholz per la Germania. “Romba il motore franco – tedesco” aveva scritto su Twitter Olaf Sholz, prima della conferenza. Il piano nazionale di ripresa e resilienza francese ha un valore di 39 miliardi di euro, quello tedesco di 29 miliardi, in entrambi i casi si tratta di trasferimenti e non di prestiti. Piani quindi decisamente più modesti rispetto a quello italiano che vale complessivamente 220 miliardi di euro (di cui 80 miliardi in forma di trasferimenti).
“Oggi la priorità è investire massicciamente, non consolidare le finanze pubbliche. Abbiamo imparato le lezioni del passato. Torneremo a finanze pubbliche solide non appena la crisi Covid sarà alle nostre spalle” ha detto il ministro dell’economia francese, Bruno Le Maire, nella conferenza stampa. “Voglio essere chiaro: non stiamo introducendo riforme perché ce lo chiede la Commissione Ue, ma perché è nell’interesse della Francia e dei cittadini” ha proseguito Le Maire citando in particolare la riforma delle pensioni. “Domani con Spagna e Italia presenteremo insieme i nostri piani di rilancio alla Commissione”, che “dovrà analizzarli il prima possibile in modo che vengano approvati dal Consiglio al più tardi a luglio. Questo consentirà al denaro di arrivare prima della fine dell’estate”. Il piano francese prevede di utilizzare la metà dei fondi perla transizione energetica, e il 25% verso quella digitale. Berlino destinerà oltre 11 miliardi di euro, oltre un terzo del totale, a progetti per la sostenibilità ambientale.
La presentazione congiunta è stata preceduta da una doppia intervista ai due ministri apparsa sul quotidiano francese Le Figaro e sul tedesco Die Zeit. “Una moneta unica ha bisogno di regole comuni e le nostre regole hanno appena dimostrato di essere molto flessibili, funzionano” ha detto il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz rispondendo ad una domanda sulla riforma del patto di stabilità Ue. “Allora nessuna riforma?” incalza il giornalista. “Come si sa sono pragmatico: per me l’importante è che noi si possa fare quello che è necessario. Lo abbiamo potuto fare e credo che in futuro potremmo ancora farlo”, ha aggiunto Scholz. Il ministro delle Finanze è candidato per l’Spd alla cancelleria in Germania e l’unione fiscale è un tema controverso nel Paese.
In realtà Parigi e Berlino sposano una visione delle politiche economiche e dei vincoli di bilancio europei piuttosto antitetiche. La Germania favorevole ad un rapido ritorno alle regole di bilancio antecedenti la pandemia, senza metter mano ai trattati. La Francia è incline ad atteggiamenti più morbidi su debito e deficit, avendo a suo volta superato la soglia del 100% nel rapporto debito/prodotto interno lordo. Al di là della presentazione odierna è verosimile che prossimamente la Francia cercherà “sponde” nell’Italia e nella Spagna per controbilanciare il potere di Germania e “satelliti”.
Sì alla tassa minima del 21% sui profitti delle multinazionali – Nella doppia intervista Le Maire e Sholz hanno anche affermato che Francia e Germania sostengono la proposta americana di imporre una tassa minima mondiale del 21% sugli utili delle aziende. “Se fosse il risultato di un negoziato, noi saremmo d’accordo”, ha detto il francese Le Maire, mentre Scholz ha aggiunto “di non avere nulla, personalmente” contro la proposta. Alcuni giorni fa, la Segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen aveva annunciato che Washington sta “lavorando con i paesi del G20 per un accordo su una tassa minima globale che possa fermare la corsa al ribasso” da parte di quei governi che cercano di attirare aziende multinazionali promettendo sgravi fiscali sempre più generosi.