“In base a tutti i modelli che abbiamo realizzato, crediamo che il vero numero di morti sia fra le due e le cinque volte superiore a quello ufficiale”. Che la portata della pandemia di coronavirus in India fosse sottostimata era ormai certo, ma a stabilire in maniera scientifica che le cifre diffuse dalle autorità sanitarie non rappresentano la reale entità della diffusione è Bhramar Mukherjee, epidemiologa dell’Università del Michigan, che al New York Times ha parlato del “completo massacro di dati” che emerge dalle preoccupanti curve del subcontinente. Da una settimana infatti l’India registra numeri vertiginosi di morti e contagi, con ospedali al collasso, cremazioni di corpi dall’alba a mezzanotte e persino in strada perché il flusso dei decessi è inarrestabile.
Mukherjee spiega che la divergenza tra realtà e cifre ufficiali si era già rivelata in occasione della prima ondata di Covid, quando al conteggio comunicato dalle autorità sanitarie erano sfuggite numerose persone morte lontane dagli ospedali, specie nelle aree rurali. E si sta ripetendo ora, di fronte a uno tsunami di contagi ancor più violento, che ha colpito il subcontinente quando il governo sperava di averlo evitato e non aveva limitato particolarmente i festeggiamenti dei matrimoni, adunate politiche e religiose. Come il pellegrinaggio induista di Kumbh Mela, a cui hanno partecipato anche due veneti, rientrati a Bergamo il 7 aprile e risultati positivi alla variante indiana.
Il coronavirus a doppia mutazione, che ha contribuito a mandare fuori controllo l’emergenza nel Paese dove vive circa il 18% della popolazione mondiale e dove viene prodotta la gran parte dei vaccini, fa paura anche a migliaia di chilometri di distanza. Dagli Stati Uniti alla Germania, dalla Gran Bretagna all’Arabia Saudita, molti Stati si sono attivati inviando medicinali e ossigeno, diventati introvabili a Nuova Delhi e nelle grandi città. Ora a scarseggiare è la legna. Perché i crematori non riescono più ad accettare i cadaveri per lo svolgimento dei riti funebri secondo la tradizione induista, e sono sempre più frequenti le pire fai-da-te che nella notte bruciano illegalmente lungo le rive del già inquinato fiume Yamuna.
“Molti decessi non vengono conteggiati, e a aumentano ogni giorno”, ha raccontato sempre al New York Times G.C. Gautam, cardiologo a Bhopal, convinto che le autorità lo stiano facendo perché “non vogliono creare panico“. L’ultimo bollettino parla di 2.771 morti in 24 ore. Fra questi anche una zia ottantenne del primo ministro Narendra Modi. E una sessantenne ricoverata all’Apollo Hospital di Delhi, che non ha potuto essere trasportata in terapia intensiva perché non c’erano posti liberi: alcuni suoi parenti, come testimonia un video su India Today, hanno per questo aggredito medici e infermieri con bastoni, distruggendo le aree dell’accettazione del noto ospedale privato. Un episodio non isolato in questi giorni in India, dove assieme al Covid dilaga l’esasperazione.