La domanda di acqua è costantemente in crescita, con l’agricoltura che da sola è responsabile del 70% del suo consumo globale e del 92% dell’impronta idrica complessiva, considerando anche le risorse idriche utilizzate per produrre beni e servizi. In Italia, il consumo di acqua potabile si attesta sui 6.300 litri per persona, superiore del 30% rispetto alla Francia e del 20% rispetto agli Usa. A livello globale ci sono 3,2 miliardi di persone colpite dalla scarsità d’acqua, di cui 1,2 miliardi in maniera estrema. È una risorsa sempre più scarsa e preziosa, basti pensare che il 97,5% dell’acqua del nostro pianeta è salata e che i due terzi della parte rimanente è costituito da ghiaccio. Ne rimane quindi una percentuale molto bassa nei fiumi, nei laghi, nelle falde acquifere e nell’atmosfera.
È un bene che a volte si dà per scontato, come fosse una risorsa illimitata e sempre disponibile. Ed è per questo che ci permettiamo di sprecarla. Si stima che il consumo mondiale di acqua crescerà del 30% entro la metà del secolo e ciò creerà notevoli disagi per quei paesi che, già oggi, affrontano situazioni di stress idrico. Il suo uso efficiente diventerà sempre più una delle priorità dei prossimi anni. Poche settimane fa, il 22 marzo, è stata celebrata la Giornata mondiale dell’acqua sostenuta e promossa dall’Onu con l’intento, in questa edizione, di focalizzare l’attenzione sul suo inestimabile valore, al di là del prezzo che noi occidentali paghiamo per il suo utilizzo.
È banale ricordare l’importanza dell’acqua in ogni aspetto della vita: il suo valore va ben al di là di qualunque quantificazione monetaria si possa fare per la sua disponibilità ed utilizzo. Dovremmo sempre tenere a mente che la sua disponibilità è in pericolo, e non ricordarcelo solo in occasione delle giornate simboliche. Lo sviluppo economico e la crescita della popolazione aumentano la sua domanda, mentre i cambiamenti climatici, l’inquinamento e una cattiva gestione la rendono sempre più scarsa.
Sono oltre due miliardi le persone che, ad oggi, non hanno ancora pieno accesso all’acqua potabile e un terzo dei principali sistemi di captazione delle acque sotterranee è in difficoltà. Inoltre, la crisi climatica globale è indissolubilmente legata all’acqua: i cambiamenti climatici aumentano la variabilità del ciclo dell’acqua, inducono eventi meteorologici estremi, che rendono l’acqua spesso più scarsa e inquinata, riducendo la prevedibilità della sua disponibilità.
In occasione della ricorrenza del 22 marzo, è stata condotta un’indagine che ha visto coinvolte migliaia di conversazioni sui social media con un potenziale di 140 milioni di commenti e il coinvolgimento di oltre 3.000 autori, un terzo dei quali provenienti da Stati Uniti, India e Regno Unito. Sei dei venti paesi più coinvolti erano africani. I risultati di questa indagine saranno a disposizione di tutti, con l’obiettivo di dare priorità alla protezione delle fonti di acqua dolce (fiumi, laghi e acque sotterranee) e migliorare in generale i servizi di gestione. Il messaggio che scaturisce da questa indagine è semplice, quasi banale: la corretta gestione dell’acqua è una responsabilità di tutti perché essa è essenziale alla vita, anzi è un prerequisito per la vita. Il suo accesso e, quindi, la sua disponibilità nei paesi poveri risulta essere l’elemento cruciale per poter non solo mantenere un certo benessere, ma sopravvivere. Per questo l’accesso all’acqua deve essere considerato un diritto umano.
Il legame tra la vita, la salute e l’acqua sarà sempre più evidente proprio per la crescente scarsità di quest’ultima. La pandemia Covid-19 ha solo evidenziato criticità che avremmo dovuto gestire meglio negli ultimi anni. Circa un terzo di tutto il cibo prodotto a livello globale viene perso o sprecato, quindi agire concretamente significa evitare di produrre ciò che poi viene buttato via che, in aggiunta all’assurdità di buttare del cibo mentre in altre parti del mondo si muore di fame, significa lo spreco di ingenti risorse economiche. Evitare di produrre ciò che poi viene buttato via significa anche risparmiare acqua in un settore, come l’agricoltura, tra i più a rischio.
Secondo i dati di Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche, il nostro paese è quello che in Europa preleva più acqua potabile, 34,2 miliardi di metri cubi, 9,4 dei quali per uso civile. Purtroppo, ormai, siccità ed eventi meteorologici estremi stanno diventando sempre più strutturali e vanno quindi affrontati in modo adeguato. Ad aggravare il tutto, la scarsità delle precipitazioni che si fa sempre più evidente in un contesto di continuo, ma inesorabile, innalzamento della temperatura media (+1,65 °C). Sarebbero necessari 7,2 miliardi di investimenti per garantire una maggiore quantità di acqua disponibile, pari a 1,7 miliardi di metri cubi all’anno.
Sono diverse le azioni che si potrebbero intraprendere per combattere i problemi legati alla siccità ma la riduzione delle perdite, che risultano superiori al 42%, deve necessariamente essere considerata come priorità. Inoltre, da non dimenticare che il 60% delle infrastrutture ha oltre 30 anni di vita e il 25% di queste supera i 50 anni. Molta fiducia si ripone nella nuova direttiva europea sull’acqua, entrata in vigore il 15 gennaio e che l’Italia dovrà recepire entro due anni. Tra le novità introdotte anche il miglioramento del suo accesso.
In generale, la qualità dell’acqua potabile in Italia è buona, conseguenza di un’attenta attuazione di quanto disposto dal decreto legislativo 31/2001, che recepiva la precedente direttiva 98/83/Ce, e dal decreto 174 del 6/4/2004 per i materiali a contatto con l’acqua. Si è invece in attesa del decreto attuativo del bonus sui filtri che potrebbe dare un’accelerazione alla loro diffusione e dare ulteriore impulso alle altre tipologie di beneficio fiscale già operative: gli incentivi per il risparmio energetico del 50% se non legato a una ristrutturazione ma alla caldaia, del 65% se all’interno di una ristrutturazione o infine del 110% se connesso ad una ristrutturazione che beneficia del superbonus.
Quindi c’è molto fermento in Italia, anche se si ha l’impressione che le politiche di gestione sostenibile dell’acqua non riescano a mantenere alta l’attenzione.